Intervista al Tenente Colonnello Paola Verde a cura di Valentina Busiello
Abbiamo realizzato un viaggio all’interno della Divisione Aerea di Sperimentazione Aeronautica e Spaziale (DASAS) che opera all’interno dell’’Aeroporto Mario De Bernardi situato a Pratica di Mare, nel territorio del comune di Pomezia, vicino Roma.
Costituita l’8 marzo 2021, la DASAS, che ha raccolto l’eredità del Centro Sperimentale di Volo e del Comando Aeroporto di Pratica di Mare, rappresenta il primo ed unico esempio in Italia di razionalizzazione e accentramento in una sola struttura dei singoli centri di studio e sperimentazione dipendenti da una Forza Armata. Un Ente che, in sinergia con le eccellenze aeronautiche nazionali e internazionali, svolge attività di studio, sperimentazione, collaudo, valutazione tecnico-operativa e supporto alla ricerca, dei nuovi sistemi d’arma aeronautici, anche a beneficio di altre Forze Armate e/o Corpi Armati dello Stato, quando richiesto.
La Divisione Aerea di Sperimentazione Aeronautica e Spaziale assicura, inoltre, il supporto tecnico-logistico, amministrativo e operativo agli Enti/Reparti dell’A.M. ubicati sul sedime aeroportuale, nonché agli Enti di altre Forze Armate e Corpi Armati dello Stato presenti. Essa assicura, infine, i servizi necessari per il sicuro ed efficace svolgimento delle attività di volo e la gestione delle attività connesse alla ricezione, imbarco e sbarco di uomini, materiali e mezzi in arrivo e in partenza dall’aeroporto di Pratica di Mare.
Attualmente è comandata dal Generale di Divisione Aerea Alessandro De Lorenzo, pilota Sperimentatore ed ex Comandante del Reparto Sperimentale di Volo, uno dei sei Reparti che dipendono dalla Divisione.
La visita si è focalizzata sul Reparto di Medicina Aeronautica e Spaziale (RMAS), altro Reparto della DASAS che svolge attività di studio e ricerca su problematiche emergenti di medicina aeronautica e spaziale, effettuando sperimentazioni e verifiche tecniche su apparati aeronautici, apparecchiature elettromedicali, equipaggiamenti imbarcabili ed indossabili.
L’RMAS è l’unico Ente militare italiano abilitato all’addestramento aerofisiologico del personale navigante, in aderenza alle vigenti legislazioni e alla direttiva nazionale di riferimento. Organizza e conduce corsi che vanno dal corso iniziale o basico, che rappresenta il primo approccio per il personale aeronavigante alla fisiopatologia del volo, fino a corsi avanzati dedicati al personale già esperto o a personale di enti esterni.
Infine, il Reparto costituisce un punto di riferimento per la comunità scientifica nazionale nel campo della medicina aerospaziale, come testimoniato dai numerosi rapporti di collaborazione scientifica con il mondo accademico ed enti di ricerca. In campo internazionale, può vantare la partecipazione di diversi Ufficiali Medici in gruppi di lavoro internazionali su tematiche di grande interesse nel settore aeromedico, come l’aircrew neck pain o gli unexplained physiological events, nonché la produzione di lavori scientifici pubblicati su riviste straniere e la partecipazione a corsi di formazione e aggiornamento all’estero.
Abbiamo incontrato il Tenente-Colonnello Paola Verde, Ricercatrice, Medico Sperimentatore di Volo dell’Aeronautica Militare, ci ha condotto in un percorso di storia, tradizioni e studi scientifici innovativi che consente ai piloti di addestrarsi all’aerofisiologia, cioè a comprendere il comportamento ed i limiti delle loro prestazioni fisiche e mentali in volo.
Il Tenente-Colonnello Paola Verde, nasce a Napoli e si laurea all’ Universita’ Federico II, con una tesi sugli effetti dell’ipossia sull’apparato vestibolare, realizzata proprio presso il Reparto di Medicina Aeronautica e Spaziale di Pratica di Mare, in un’epoca in cui l’ingresso alle donne nelle Forze Armate non era ancora consentito.
Frequenta un Erasmus in Belgio ed ottiene per merito una borsa di studio in Gran Bretagna, presso la “Royal Air Force” dove si specializza, successivamente consegue un dottorato di Ricerca in Neuroscienze studiando tra l’Italia e gli Stati Uniti, ed occupandosi ancora di effetti dell’ipossia. Partecipa nei primi anni 2000 al concorso per entrare in Aeronautica, ed inizia una carriera di eccellenza, occupandosi a Cervia delle conseguenze delle accelerazioni sui piloti dei caccia F16 e svolgendo contestualmente l’incarico di capo nucleo Pronto Soccorso. Matura esperienza in teatri operativi in Kosovo, Macedonia, Afghanistan, Emirati e nel 2005 ottiene la qualifica di “space flight surgeon” dal Centro addestramento per cosmonauti “Yuri Gagarin” a Mosca. Ha iniziato ad occuparsi di medicina spaziale ed è l’unico italiano nel medical board dell’Agenzia Spaziale Europea e nella commissione scientifica dell’Accademia Internazionale di medicina aeronautica e spaziale. Autrice di circa 70 lavori su riviste indicizzate, è docente ad alta specializzazione nei corsi d’ingegneria aerospaziale dell’Università Sapienza e continua ad occuparsi di ricerca nel settore delle neuroscienze cognitive negli ambienti straordinari:
“La medicina aeronautica rappresenta una piccola nicchia dalla storia gloriosa dove pochi pionieri studiando e provando hanno consentito ai piloti italiani di raggiungere record mondiali, alcuni dei quali ancora imbattuti. Non ci sono altri posti in Italia come il nostro per cui trasmettere il know how alle nuove generazioni diventa fondamentale ma altrettanto fondamentale deve essere l’interesse per questa disciplina, spesso poco conosciuta anche da altri colleghi ”
Ci descrive la storia, le tradizioni della Medicina Aeronautica e Spaziale?
Potrei farvi qualche nome legato al nostro Reparto, uno tra tutti quello del nostro maestro Aristide Scano, a Pratica di Mare, nell’aula intitolata a lui troviamo la sua storia, e quello del primo esperimento medico italiano a volare nello spazio con lo Spacelab. Scano che alla sua morte fu definito dai colleghi americani “a beautiful mind” era stato l’inventore degli occhiali antiriflesso per piloti e durante la guerra, da giovanissimo ufficiale medico, aveva brevettato “la siringa a tre vie” Infine durante le Olimpiadi di Città del Messico, per la sua esperienza di alta quota, venne chiamato ad allenare la nazionale italiana di atletica. Suo maestro fu Tomaso Lomonaco, a lungo direttore del Centro Studi di via Gobetti a Roma e successivamente Capo del Corpo Sanitario Aeronautico. Tomaso Lomonaco fu l’ideatore con il professor Margaria presso la “Città dell’Aria” di Guidonia della speciale miscela respirata dal tenente colonnello Pezzi durante i suoi record di quota nel 1937 e 1938
Nelle foto che immortalano la prima camera ipobarica della Regia Aeronautica si può apprezzare in primo piano il telestetoscopio, un geniale sistema attraverso il quale i parametri fisiologici degli aviatori all’interno della camera, venivano trasmessi via radio all’esterno e quindi auscultati con uno stetoscopio dal medico fuori.
Il Professore Tomaso Lomonaco fu uno dei fondatori dell’Associazione Italiana di Medicina Aerospaziale e nel 1965 ricevette John Herschel Glenn, l’astronauta americano in visita in Italia dopo il suo volo orbitale Un altro nome da ricordare della medicina aerospaziale italiana, pur trattandosi di un ingegnere, è quello del generale Licio Giorgieri, assassinato dalle Brigate Rosse autore del progetto della gondola della prima e unica Centrifuga Umana in dotazione all’Aeronautica Militare. Dismessa negli anni ’80 era situata presso l’attuale sala di attesa dell’Istituto di Medicina Aerospaziale (IMAS) di Roma che, infatti, ha stranamente una forma circolare.
Ci illustra la figura del Medico Sperimentatore di Volo?
E’ una figura che affianca quella del pilota sperimentatore di volo e si occupa di tutto quello che è la componente umana legata al volo aerospaziale. Le sue attività variano dallo studio dei parametri fisiologici a quello delle performance cognitive, ma il medico può anche occuparsi di equipaggiamenti, di caschi, dell’ergonomia cognitiva dei sistemi di bordo. Così come può essere chiamato per studiare casi difficili in cui è necessario stabilire l’idoneità al volo al di là dei limiti imposti dalla medicina legale. Un medico sperimentatore di volo si occupa anche di addestrare gli equipaggi dal punto di vista aerofisiologico, al particolare ambiente in cui lavorano. Ed è soprattutto l’addestramento che dà modo al medico di raccogliere tutta una serie di osservazioni che sono poi oggetto di studio durante gli anni.
Il medico aeronautico può non può avere conoscenze profondissime sui singoli organi, ma conosce senza dubbio meglio degli altri l’ambiente di volo e gli effetti di questo sul corpo e sul cervello
Il numero esiguo di medici sperimentatori non consente di avere una grandissima produzione scientifica, i nostri articoli restano nella piccola nicchia della medicina aerospaziale internazionale, non riusciamo a fare divulgazione scientifica come vorremmo, anche per questo molti non sanno quello che facciamo, ma è quella piccola nicchia accademica che dà autorevolezza al nostro lavoro e che ci consente di avere relazioni con le Università e gli Istituti di ricerca più prestigiosi.
Cos’è il “Disorientatore Spaziale”?
E’ un simulatore di volo che ha lo scopo preciso di riprodurre delle situazioni disorientanti. (vestibolo) L’orientamento umano si basa soprattutto sulle informazioni visive, ma anche su quelle provenienti dall’organo dell’equilibrio e quella che provengono dalla propriocezione (con i recettori posti a livello di cute, articolazioni, muscoli) ed in parte sulla stimolazione uditiva. Con il disorientatore creiamo degli appositi scenari che disorientano, o proiettando le immagini sullo schermo o scatenando la reazione vestibolare facendo muovere su sei gradi di libertà il simulatore oppure fornendo contestualmente al pilota sia stimolazioni visive. che vestibolari, lo schermo è peraltro compatibile con il volo notturno NVG. L’addestramento al simulatore consente se non di prevenire quanto meno di conoscere e sperimentare il fenomeno visto che parliamo di una delle principali cause di incidente in volo da errore umano.
Tra l’altro la forma principale di disorientamento in volo è proprio quella “Non riconosciuta”, in cui il pilota non è assolutamente consapevole dell’assetto inusuale dell’aereo. Un’altra forma meno comune è quella “riconosciuta” in cui il pilota si rende conto che qualcosa non va, ma ha troppo poco tempo o spazio di manovra per recuperare.
C’è anche una forma estremamente rara di disorientamento cosiddetto “incapacitante” in cui il pilota, pur consapevole, è “congelato ai comandi”, come se l’aereo fosse pilotato da qualcun altro (perciò questa forma, è conosciuta anche come “fenomeno della mano gigante”), come se l’aereo fosse tenuto in mano da qualcuno ed il pilota fosse impossibilitato a fare qualsiasi azione.
Il Laboratorio di Visione Notturna?
Il laboratorio serve per addestrare il personale navigante alla visione notturna sia di tipo “non assistito”, cioè ad occhio nudo sia di tipo “assistito” utilizzando sistemi come i FLIR (forward looking infrared) o come gli NVG (night vision goggles). Questi ultimi sono sistemi elettro-ottici che amplificano le immagini ma necessitano di una qualche sorgente luminosa, pur non visibile dall’occhio umano. Volare di notte con i visori non è come volare di giorno, anche se ha completamente cambiato l’utilizzo del mezzo aereo, rispetto al passato. Certo le limitazioni sono tante, manca il senso della tridimensionalità, abbiamo immagini monocolore (toni diversi di verde perché gli schermi degli NVG contengono fosforo), il campo visivo è limitato ed obbliga il pilota a sforzare il collo. Ma ai corsi di visione notturna viene proprio insegnata l’ottimizzazione dell’utilizzo, vengono spiegati i problemi più comuni, nonché il modo migliore per sfruttare il contrasto negli scenari, a sua volta fondamentale perché i piloti possano orientarsi al meglio.
Il Sistema dell’addestratore all’eiezione. Storicamente se c’era un problema con l’aereo o se in combattimento l’aereo veniva colpito, il pilota poteva soltanto lanciarsi con il paracadute, augurandosi di essere ad una quota adeguata, per non incorrere nei rischi dell’alta quota o per evitare di schiantarsi con una quota troppa bassa. Negli anni quaranta le industrie di aeromobili cominciarono a studiare un sistema che potesse portare il pilota in maniera sicura fuori dall’abitacolo. Nacquero sistemi ingegnosi come l’estrattore che portava il solo pilota senza seggiolino fuori dall’aereo, oppure la capsula che portava il pilota con il seggiolino all’interno di una atmosfera protetta, fino a terra. Ma l’idea vincente, un assoluto compromesso tra costi e rischi a cui si esponevano i piloti, fu l’eiezione vale a dire un sistema che lanciasse il pilota, in sicurezza, con tutto il suo seggiolino fornito di piccoli razzi, fuori dall’aereo. L’addestratore di cui è dotato il Reparto Medicina Aeronautica è un simulatore di eiezione che insegna al pilota come lanciarsi correttamente.
Il seggiolino è infatti dotato di sensori, i quali solo quando registrano la postura corretta, consentono il lancio che consiste nello scivolare con una accelerazione istantanea predeteminata, lungo una torretta la cui inclinazione può essere decisa dall’istruttore.
Altri sistemi di addestramento e ricerca presenti al RMAS
Progetti di ricerca pura considerando i costi e la mancanza di personale non sono percorribili, ma grazie al “materiale umano” che arriva al reparto riusciamo a combinare l’addestramento con lo studio e le osservazioni che poi ci consentono di trarre delle conclusioni. Il personale navigante è di solito ben felice di partecipare ai nostri test che hanno come fine sempre la sicurezza del volo.
Uno dei core business del Reparto è far conoscere i rischi connessi all’ipossia in volo ed a insegnare come contrastarla. Tutto il personale navigante dell’Aeronautica sperimenta l’ipossia simulata o in camera ipobarica (ipossia ipobarica) o con un sistema che eroga una miscela povera di ossigeno senza andare in quota (ipossia normobarica).
L’ipossia come fenomeno non riguarda solo i piloti di aeroplano. Ogni anno milioni di persone si recano per vacanza a fare escursionismo e raggiungono quote considerevoli, incorrendo in problemi di salute perché con l’aumentare dell’altitudine, la pressione barometrica totale e la pressione parziale di ossigeno dell’aria diminuiscono e si crea un ambiente in cui la tolleranza all’esercizio fisico anche non sostenuto è diminuita ed è comune sperimentare cefalea, nausea, affaticabilità e disturbi del sonno. Il rischio che compaiano questi sintomi aumenta con l’altitudine, ma dipende molto da una predisposizione personale ed alcune persone, particolarmente suscettibili, possono accusarli anche a quote relativamente basse.
Al Reparto sono custoditi altri macchinari, usati in passato per studiare l’effetto simulato della microgravità come il tilt table o la verticale soggettiva che ha anche volato in una apposita versione spaziale con la missione Eneide.
Oggi la Divisione Aerea di Sperimentazione Aeronautica e Spaziale (DASAS) cui afferisce il RMAS, continua a studiare l’ambiente extra-atmosferico ed ha partecipato, infatti, con il 30% degli esperimenti scientifici condotti nel corso del volo suborbitale effettuato della Virgin Galactic durante la missione “Virtute 1” dello scorso 29 giugno che ha visto la partecipazione di personale dell’Aeronautica Militare e del CNR. Gli esperimenti a carattere medico comprendevano, nei pochi minuti di microgravità previsti dall’ampia parabola della traiettoria suborbitale, valutazione della space motion sickness, analisi dell’elettrocardiogramma in continuo e delle accelerazioni, registrazione dell’attività elettrica del cervello e della risposta galvanica della pelle per caratterizzare le modificazioni cognitive ed emozionali indotte dal volo suborbitale. Anche nelle fasi pre e post volo suborbitale sono state effettuate rilevazioni ecografiche e doppler per caratterizzare la risposta della parete arteriosa alle variazioni pressorie indotte dal volo suborbitale.
Si ringrazia per la collaborazione la Divisione Aerea di Sperimentazione Aeronautica e Spaziale di Pratica di Mare, l’IMAS Istituto di Medicina Aerospaziale ed il Quinto Reparto Ufficio Pubblica Informazione Aeronautica Militare.
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