La guerra in atto tra Russia ed Ucraina ha drammaticamente riportato l’orologio della Storia indietro nel tempo, superando perfino i momenti più bui della Guerra Fredda che dal 1945 al 1989 congelò l’Europa ed il Nord America fino l’Asia.
Oggi, assistiamo ad un conflitto di tipo convenzionale, scenario che in Occidente dal 1989 in poi si è cercato di dimenticare o, quantomeno, di “annacquare”, orientando i propri strumenti militari per operare in conflitti asimmetrici, puntando sempre di più al ricorso ad armi “intelligenti”, Forze Speciali, velivoli a pilotaggio remoto, mezzi robotici, cyber defence che dovrebbero affiancare prima e sostituire nel prossimo futuro l’elemento umano.
Ma poche ore di violenta e dura guerra simmetrica (scontri tra reparti organizzati ed armati di eserciti regolari) hanno riportato tutti (o quasi tutti) alla realtà; un conflitto convenzionale a cui non eravamo più abituati ed alla paura di uno scontro nucleare.
Soprattutto, la Russia è tornata ad essere la minaccia principale per la NATO, dopo una trentina d’anni di pseudo letargo, mettendo in soffitta in pochi giorni tante altre questioni a cui sembravamo esserci abituati (crisi in Nord Africa e Medio Oriente per rimanere legati ai nostri scenari).
In questo clima sempre più arroventato, i principali Paesi della NATO, o meglio ormai quasi tutta la NATO, hanno deciso di aumentare i propri bilanci della Difesa, perché l’ipotesi di uno scontro convenzionale su larga scala non è più uno scenario remoto o solo di scuola.
La Germania, per bocca del suo Cancelliere Scholz, all’apice di un discorso drammatico dinanzi al Bundestag, ha annunciato che creerà un iperbolico fondo di circa 100 mld di euro (112 mld di dollari) per ammodernare e potenziare le proprie Forze Armate che per il 2022 godono già di un bilancio “monstre” di oltre 50 mld di euro.
Analoghi discorsi sono stati pronunciati dal Presidente Macron per la Francia e dal Primo Ministro Boris Johnson per il Regno Unito che hanno annunciato di voler aumentare i rispettivi bilanci della Difesa.
Simili prese di posizione si registrano un po’ ovunque nella NATO, dal lontano Canada, alla Spagna, alla Grecia ed ai Paesi del Est Europa, quelli più esposti agli effetti della guerra in corso e con cui la Russia ha i peggiori rapporti.
In questo contesto si registrano le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio Mario Draghi dinanzi le Camere riunite, in occasione dell’informativa sulla guerra tra Russia ed Ucraina, che ha auspicato, data la situazione in atto, di poter aumentare le spese per la Difesa, tentando di agganciare la soglia del 2% del PIL, sia pure in un arco temporale diluito, poiché la minaccia rappresentata dalla Russia rende necessario investire maggiormente sulle spese della Difesa rispetto a quanto è stato investito sinora.
A seguito di queste importanti dichiarazioni, il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha indicato che il suo dicastero in accordo con il Governo sta lavorando ad un’ipotesi di aumento del bilancio della Difesa.
Il Ministro Guerini, oltre la crescita della spesa, auspica una riflessione ed un aggiornamento del modello organizzativo delle Forze Armate, nonché sulla proiezione dello strumento militare italiano all’Estero, sulla nostra partecipazione alle missioni internazionali e sul nostro ruolo nella NATO e nella Difesa Europea di cui auspica un vero rafforzamento.
Invero, l’Italia, da quando l’On.le Guerini ha assunto il dicastero della Difesa, ha costantemente aumentato il proprio bilancio della Difesa, in verità fin lì sotto alimentato, portandolo nel 2022 a 25,8 miliardi di euro l’anno (1,4% del PIL ), in aumento del 3,4% rispetto al 2021 e del 19,6% rispetto al 2019.
In questo “nuovo” bilancio della Difesa, dopo anni di sotto finanziamento che hanno creato problemi all’operatività ed all’ammodernamento delle FF.AA., parte importante è rappresentata dalle spese per gli investimenti pari a 8,27 miliardi di euro (livello mai raggiunto prima) con un aumento tendenziale del quasi 14 % rispetto il 2021 e ben del 74% circa rispetto il 2019. In pratica, alla spesa per gli investimenti è stato assegnato un miliardo aggiuntivo rispetto al 2021 che diventano 3,5 miliardi in più rispetto al 2019.
Circolano ipotesi di un aumento, sia pure in quindici anni, dagli attuali 25,8 miliardi di euro a 38 miliardi di euro, una cifra davvero consistente per il nostro Paese che mai si era spinta oltre “le colonne d’Ercole” dei venticinque miliardi di euro per la Difesa ed ora sembra puntare a raggiungere e superare la soglia dei trenta miliardi di euro per spese militari. In termini di PIL del 2022, probabilmente, si sfonderebbe anche la linea psicologica del 2% oggi lontana poco più di mezzo punto percentuale.
E’ ovvio che con un aumento del genere, stabilizzato nel tempo, per la Difesa italiana cambierebbero e di parecchio le prospettive, perché avrebbe le giuste leve economiche per ammodernare e potenziare le capacità operative, logistiche ed addestrative delle Forze Armate.
Ma come intervenire, avendo a disposizione un bilancio della Difesa più consistente?
Innanzitutto, riequilibrando anche le spese di esercizio pericolosamente ridimensionate per far spazio a quelle di investimento. L’esercizio è altrettanto importante come l’investimento perché consente di mantenere in linea con tassi accettabili mezzi e risorse destinate alla Difesa; molto probabilmente nell’ambito della revisione generale della Difesa cambieranno anche i target di operatività fin qui ritenuti accettabili e, pertanto, dovrà essere aumentata la spesa di esercizio per raggiungere i nuovi obiettivi che saranno richiesti. Per fare un esempio, se ad oggi si ritiene (o riteneva) sufficiente mantenere in condizioni operative un terzo della flotta di elicotteri, di caccia o carri armati, è probabile che nel prossimo futuro questa soglia sia elevata al 40% o maggiormente per gli assetti più pregiati.
Il vero “convitato di pietra” del bilancio della Difesa italiana è rappresentato dal capitolo di spesa del personale che assorbe sempre risorse più consistenti nel corso degli anni da quando si è optato per la completa professionalizzazione delle Forze Armate. Questo è dovuto sia al ricorso sempre maggiore della Difesa a mantenere in servizio permanente anche il personale in ferma breve, sia per la difficoltà di far transitare personale della Difesa in altre amministrazioni (anche a causa del peculiare istituto dell’Ausiliaria), non riuscendo ad ottenere una corretta alimentazione del sistema; in parole povere, le Forze Armate invecchiano sempre di più ed i provvedimenti correttivi fin qui presi non apportano significativi miglioramenti.
Cosa fare dunque? Una prima mossa potrebbe essere quella di ripristinare e potenziare la riserva di posti nelle FF.OO. per coloro che al termine della ferma breve e prefissata nelle FF.AA. intendono transitare nel comparto sicurezza. Del resto anche per le FF.OO. (compresa l’Arma dei Carabinieri che appartiene alla Difesa) si fa sentire sempre di più il problema dell’invecchiamento del personale e bisogna intervenire in maniera coordinata tra i due Dicasteri. Ad oggi la riserva dei posti in favore dei volontari nelle assunzioni presso le Pubbliche Amministrazioni nella misura del 30%, (20% per gli agenti di polizia locale) mentre la percentuale di riserva nei concorsi banditi dal Ministero della Difesa è del 50%. Quindi, è evidente che la Difesa assorbe fino al 50% dei suoi volontari in ferma prefissata con effetti a cascata sulle FF.AA. il cui personale ha ormai un’età media pericolosamente superiore a quella degli altri Paesi della NATO.
Molti si chiederanno se si auspica un ritorno del servizio militare di leva da parte di chi scrive. La risposta è no perché, nonostante il ritorno in grande stile della minaccia dall’Est dell’Europa, i tempi sono cambiati e soprattutto gli armamenti richiedono personale ben preparato ed addestrato (oltre essere motivato) cosa piuttosto difficile da ottenere con personale di leva (all’epoca le eccezioni erano appunto poche sulla massa generale) perché dovrebbe essere ripristinato il servizio a 12 mesi, come era prima della riforma a 10 mesi, e perché esiste già la figura del Volontario in Ferma Annuale. Pertanto, si potrebbe agire sui VFA, ampliando i posti a concorsi previsti annualmente per le FF.AA., con in prospettiva un titolo preferenziale per il concorso interno alla Ferma Breve, prevedendo un maggiore impiego di questi volontari in tutti reparti, abbassando l’età media del personale impiegato. Per incentivare l’arruolamento si potrebbe pensare a forme di supporto agli studi (come avviene nei Paesi Nord Americani) e/o al lavoro (come avviene in Francia e Gran Bretagna) per coloro che al termine del primo anno transitano in Ferma Breve. Inoltre, i VFA (insieme ai VFB non più in servizio) potrebbero garantire l’alimentazione di una Riserva, esigenza questa ormai non più procrastinabile visti gli impegni sempre più assidui a cui sono chiamate le nostre Forze Armate all’Estero ed in Patria, a supporto (in alcuni casi sostituendosi per volontà della Politica..) delle Forze dell’Ordine. Questo continuo impiego in Italia ed all’Estero aumenta il tasso di usura di mezzi e materiali ed impegna gli uomini oltremodo. Una Riserva potrebbe allentare questo circolo non virtuoso, permettendo ai reparti di rifiatare ed ai mezzi di essere ripristinati con meno affanno ed in maggior misura, potendo assumere i compiti oggi svolti in Italia dai reparti delle Forze Armate.
Cosa acquistare con un bilancio della Difesa aumentato? Le esigenze di certo non mancano ed in primis andrebbero soddisfatte quelle interforze ma non solo; in questa sede ci limiteremo ad indicare a grandi linee i settori che potrebbero o dovrebbero essere interessati a parere di scrive:
a) Spazio: la componente spaziale è indispensabile per ottenere informazioni aggiornate di intelligence, per le comunicazioni protette e, in prospettiva per la difesa antimissile in chiave di allerta precoce anche da missili ipersonici. Pertanto bisognerà puntare ad ottenere satelliti con sistemi di osservazione h24 sempre più sofisticati e resistenti ad attacchi cyber nonché sviluppare e mettere a punto un lanciatore spendibile a basso costo (anche a mezzo di aereo) per il lancio di costellazioni in orbita bassa di nano e micro satelliti per esigenze temporanee.
b) Cyber security e cyber warfare; entrambe le componenti dovranno crescere per dotare il Paese di una struttura di difesa cibernetica da attacchi esterni sempre più pericolosi che colpiscono le reti ed i sistemi informatici sensibili nazionali.
c) Difesa d’area multistrato; qui entrano in gioco sistemi radar di avvistamento a lungo raggio, satelliti ed effettori che dovranno essere integrati sulle piattaforme navali, a terra ed in aria, per ottimizzare le risorse oggi e domani disponibili per far fronte a missili da crociera anche supersonici, balistici a corto e medio raggio ed in prospettiva ipersonici.
d) Capacità nazionale di Deep Strike; su questo “fronte” bisognerà agire in tempi rapidi quantomeno per la Marina, imbarcando missili da crociera sulle navi e sui sottomarini, affiancando la componente Storm Shadow dell’Aeronautica, oggi sottoposta ad ammodernamento; per l’Esercito si potrebbe pensare a dotarlo nel breve periodo di Precision Strike Missile che l’US Army sta mettendo a punto.
e) Ricostruzione e potenziamento della componente pesante dell’Esercito; qui gli interventi sono urgenti e devono tendere all’ammodernamento, sostituzione e potenziamento della componente “heavy”, oggi formata da 200 carri armati Ariete ed altrettanti Veicoli da Combattimento della Fanteria Dardo; se i primi possono essere ancora ammodernati ma il programma va accelerato, discorso diverso è per il Dardo, mezzo ormai superato che deve essere urgentemente sostituito; oltre la sostituzione va programmata anche l’ampliamento della linea, ricostruendo una terza Brigata pesante, anche in prospettiva della linea carri che nel prossimo futuro dovrà, comunque, essere dotata di un carro armato di nuovo tipo.
f) Potenziamento dell’artiglieria terrestre; la necessità primaria è la sostituzione degli obici/cannoni FH-70 con sistemi d’artiglieria semovente che potrebbero essere anche autoportati con cabina blindata per la protezione della squadra di servizio dotati di sistema di caricamento semi o automatico e potenziare la capacità GMLRS oggi limitata ad una ventina di esemplari.
g) Potenziamento delle linee elicotteri da trasporto pesante e combattimento; qui, a parere di chi scrive, c’è necessità di aumentare i Chinook oggi disponibili perché gli attuali sedici esemplari non sono sufficienti a coprire tutte le esigenze tra impegni in Italia e all’Estero; per quanto riguarda gli elicotteri da combattimento i 48 AW-249 che prenderanno il posto degli AW-129 rischiano di essere limitati nei numeri.
h) Capacità di trasporto aereo; l’attuale linea di C-130J va integrata con aerei da trasporto che consentono di portare un carico maggiore alla stessa o più lunga distanza dei Super Hercules; auspicabile anche una capacità di avio rifornimento sia attiva che passiva.
i) Ricostruzione di una componente da pattugliamento e contrasto anti sommergibile ed antinave; l’esigenza è urgente data la situazione in atto nel Mediterraneo e nei bacini circostanti di nostro interesse, visto il ritorno su larga scala della minaccia dei sottomarini e vista la presenza della Marina Russa sempre più costante nelle acque del Mediterraneo e di quelle Marine in prospettiva nostre competitors;
l) Aumento dei sottomarini; il programma U212 NFS o Near Future Submarine è cruciale per il rinnovo della linea sottomarini della Marina; al momento sono previsti due + due battelli con tempi di consegna previsti dal 2027 al 2031; probabilmente, il nuovo quadro strategico richiederà di ampliare il numero dei battelli da costruire per avere più sottomarini disponibili per far fronte alle esigenze.
m) Navi da trasporto e sbarco e logistiche; anche qui si auspica un’accelerazione del programma relativo le nuove LPD che dovranno prendere il posto delle attuali classe “Santi” nell’ottica del potenziamento della Forza di Proiezione dal Mare nell’ambito della relativa Capacità Nazionale, nonché la finalizzazione dell’ordine per la terza Logistic Support Ship per completare il programma di sostituzione degli attuali rifornitori di squadra Etna, Vesuvio e Stromboli, questi ultimi due completamente superati e con oltre quarant’anni di navigazione sulla chiglia.
n) Procedere alla formazione dello Stormo interforze per la gestione degli F-35B a terra ed in mare imbarcati sulla portaerei Cavour e sulla LHD Trieste, nonché accelerare e completare le consegne degli F-35A/B all’Aeronautica ed alla Marina, completando (e formando laddove necessario) le dotazioni di armamento avanzato.
o) potenziare le linee RPAS, dotandole di armamento e prevedere l’impiego di queste piattaforme anche per compiti di sorveglianza e ricognizione marittima nonché di contributo alla lotta antisommergibile ed al contrasto delle navi di superficie.
p) sviluppo di nuove tecnologie usando la leva del Piano Nazionale di Ricerca Militare.
Questi sono solo esempi indicativi dei settori che potrebbero e dovrebbero essere interessati dall’aumento della spesa per la Difesa. Nel prossimo futuro con il Documento di Programmazione Pluriennale aggiornato si avranno le prime indicazioni sul livello si spesa e su quali programmi la Difesa incentrerà i suoi interventi, sempre tenendo conto che l’attuale situazione non permette più di procrastinare ulteriormente programmi divenuti indispensabili.
Foto Ministero della Difesa