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Attacco alle petroliere: cosa sappiamo

La notizia dell’attacco alle due petroliere nello Stretto dell’Oman sta letteralmente dominando le testate dei giornali di tutto il mondo. Gli Stati Uniti hanno prontamente accusato l’Iran, fornendo prove fotografiche e video che, peraltro, hanno sollevato non poche critiche e perplessità.

Contesto

Le relazioni, mai così buone dai tempi della Rivoluzione Islamica tra Stati Uniti e Iran, hanno iniziato a surriscaldarsi esponenzialmente dallo scorso anno, da quando il Presidente Trump ha deciso, su pressione israeliana, di ritirare Washington dall’accordo sul nucleare sottoscritto dal suo predecessore, Barack Obama, nel 2017. Il 17 giugno 2019 l’Ente per l’energia nucleare iraniano ha annunciato che aumenterà le scorte di uranio a basso arricchimento sopra la soglia stabilita dall’accordo sul nucleare.

Il 15 aprile 2019 il Dipartimento di Stato americano ha inserito nella lista delle Organizzazioni Terroristiche Estere (FTO) le Guardie della Rivoluzione sollevando numerose proteste. Il Consiglio di Sicurezza iraniano ha riposto indicando gli Stati Uniti come un “governo terroristico” ed il CENTCOM come “organizzazione terroristica”

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I danni subiti da una delle quattro navi, la norvegese Andrea Victory

Il 12 maggio 2019 quattro navi (due saudite, una norvegese ed una emiratina) sono state oggetto di attacco mentre transitavano nel Golfo dell’Oman. Apparve subito chiara la natura dolosa degli attacchi così come riferito dal Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti che, unitamente a Stati Uniti e Francia, aprì una inchiesta. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno accusato il governo iraniano e le Guardie della Rivoluzione di aver compiuto gli attacchi alle petroliere. Il gruppo di investigazione internazionale stabilì che l’attacco era stato eseguito da sommozzatori portati in loco da barchini veloci i quali avrebbero posizionato delle mine magnetiche lungo le murate delle navi.

Il 13 giugno, lo stesso giorno del secondo attacco alle petroliere, lo Ayatollah Khamenei a Teheran incontrava il Primo Ministro giapponese Abe che, pubblicamente, si era impegnato a mediare tra la il più importante esponente del governo iraniano ed il Presidente degli Stati Uniti.

13 giugno 2019

Le due navi coinvolte

FRONT ALTAIR photo
La Front Altair (foto di VasselFinder.com)

La Front Altair, nave cisterna battente bandiera delle Isole Marshall, era salpata dal porto di Ar Ruways negli Emirati Arabi Uniti con destinazione Taiwan carica di 75.000 tonnellate di nafta.

KOKUKA COURAGEOUS photo
La Kokuka Courageous (foto di VasselFinder.com)

La Kokuka Courageous, nave cisterna battente bandiera panamense, era salpata dal porto di Jubail in Arabia Saudita con destinazione Singapore carica di metanolo.

Verso lo stretto

Orari sempre espressi in GMT (Zulu)

Mappa dello Stretto di Hormuz

Le due navi si sono progressivamente avvicinate fino a navigare praticamente parallele a nord di Dubai per procedere al passaggio dello stretto Hormuz, poiché a causa di secche, isole ed al traffico navale intenso le navi sono incanalate lungo rotte molto strette.

Le due navi arrivano nel Golfo dell’Oman, distanti circa 10 miglia l’una dell’altra, senza riportare alcun problema.

Attacco alla Front Altair

Foto della Front Altair in fiamme

Alle 3:12 il cacciatorpediniere della classe Arleight Burke USS Mason (DDG-87) riceve una richiesta di soccorso da parte della Front Altair, la quale riportava di essere stata attaccata nel Golfo dell’Oman. Pochi minuti dopo si leva in cielo una colonna di fumo ben visibile anche da un altro cacciatopediniere americano, l’USS Bainbridge, distanza circa 40 miglia dalla nave battente bandiera panamense.

Otto minuti più tardi arriva sulla scena un MQ-9 Reaper il quale, secondo gli americani, avrebbe avvistato una nave della guardia costiera iraniana classe Hendijan e diversi barchini da attacco vicino alla Front Altair. Alle 2:45 un missile aria-superficie del tipo SA-7 sarebbe stato lanciato contro il drone, mancando però il bersaglio.

Attacco alla Kokuka Courageous

Risultati immagini per Kokuka Courageous

Poco dopo, alle 4:00, è ricevuta una seconda chiamata di emergenza questa volta dalla Kokuka Courageous che afferma di essere stata colpita da un proiettile.

Salvataggio 50/50

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Membri dell’equipaggio della Front Altair in Iran

Alle 06:26 una nave iraniana non identificata chiede all’imbarcazione Hyundai Dubai, che aveva soccorso la Front Altair, di consegnargli i 23 membri d’equipaggio. L’imbarcazione ubbidisce. I membri dell’equipaggio saranno rilasciati a Dubai tre giorni più tardi, il 16 giugno.

GULF OF OMAN (June 13, 2019) Sailors aboard the Arleigh Burke-class guided-missile destroyer USS Bainbridge (DDG 96) render aid to the crew of the M/V Kokuka Courageous. Bainbridge is deployed to the U.S. 5th Fleet areas of operations in support of naval operations to ensure maritime stability and security in the Central Region, connecting the Mediterranean and Pacific through the Western Indian Ocean and three strategic choke points. (U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 3rd Class Jason Waite/Released)
Le operazioni di soccorso dell’USS Bainbridge all’equipaggio della Kokuka Courageous

Alle 08:05 l’USS Bainbridge si avvicina velocemente al rimorchiatore danese Coastal Ace, il quale ha prestato soccorso alla Kokuka Courageous, che era tallonato dalla nave classe Hendijan iraniana. L’incrociatore americano giunge per primo e termina il trasferimento di tutti e 21 i membri dell’ equipaggio alle 08:32.

Posizione dell’incrociatore USS Bainbridge, della nave iranian classe Hendijan, la Kokuka Courageous e un barchino da attacco

Le prove statunitensi

Ricostruzione pubblicata dall’US Navy

Gli Stati Uniti hanno accusato fin da subito l’Iran di aver condotto i due attacchi. A supporto della loro tesi, sono state pubblicate diverse foto e un video acquisiti dal drone MQ-9 e da un elicottero MH-60R decollato dalla Bainbridge.

L’USS Bainbridge e la Coastal ACE affiancate; la nave iraniana classe Hendijan cerchiata in rosso; in blu l’elicottero della Bainbridge

Nella stessa giornata del 13 giugno, le Guardie della Rivoluzione, secondo la ricostruzione statunitense, sono ritornate presso la Kokuka Courageous per staccare una mina magnetica inesplosa (Foto A e B – Video A)

Probabile dispositivo esplosivo (Foto A)
Rimozione del dispositivo esplosivo (nella Foto A) catturata dall’MH-60R (Foto B)
Video A

A suffragare la tesi delle mine magnetiche l’US Navy ha rilasciato diverse immagini, riferite, peraltro, alla sola Kokuka Courageous

Blast damage on the starboard side of motor vessel M/T Kokuka Courageous on June 13.
Danno causato da mina magnetica all’altezza della Sala Macchine
Danno causato da mina magnetica (ingrandito)

Gli stessi iraniani hanno fotografato l’MH-60R mentre li sorvolava come evidenziato dalla Foto C. L’uomo a prua dell’imbarcazione iraniana sembra avere in mano una macchina fotografica puntata verso l’alto, i due uomini a metà barca salutano l’elicottero mentre un uomo è seduto al controllo del pezzo di contraerea.

Barchino iraniano (Foto C)

Conclusioni

Malgrado il materiale pubblicato dal Pentagono, diversi dubbi sono stati sollevati sulla versione fornita da Washington. Non esiste una prova certa e inconfutabile che siano stati gli iraniani a installare le mine magnetiche. Il video mostra solamente la rimozione dell’ordigno e non l’applicazione.

Tenuto conto che in zona c’erano due unità classe Arleight Burke dotate di radar molto sofisticati e il drone MQ-9 Reaper gli Stati Uniti dovrebbero rilasciare materiale più significativo riguardante la posizione delle navi e dei barchini esplosivi, senza contare le prove di intelligence che gli iraniani potrebbero aver lasciato per strada.

La TV di Stato iraniana ha giustificato la presenza delle navi iraniane in zona come parte di una missione di soccorso.

In sintesi è molto probabile che ci sia stata la matrice iraniana dietro gli attacchi. Difficilmente si spiegherebbe come mai proprio i barchini delle Guardie della Rivoluzione hanno rimosso, in acque internazionali, un dispositivo inesploso. Missione di soccorso? Ci si potrebbe anche credere ma allora come mai, se l’ordigno non apparteneva a loro non si sono affrettati a pubblicarne le foto? Inoltre, non sapendo se erano azionate a distanza o con il timer, le Guardie della Rivoluzione come facevano a sapere che l’operazione di rimozione poteva avvenire semplicemente staccando i magneti? E’ chiaro che il personale intervenuto sapeva benissimo cosa fare e conosceva il tipo di ordigno che avrebbe dovuto rimuovere.

Il prezzo del petrolio è salito dai 52 dollari a barile del 13 giugno ai 54 dollari al barile di oggi, 19 giugno. Non certo un significativo rialzo ma Trump ha sempre affermato di voler tenere il prezzo del petrolio il più basso possibile per incentivare l’economia. Difficile che il Presidente voglia allargare il fronte, sopratutto in questo momento di stagnazione dell’economia, facendo aumentare in modo esponenziale il prezzo del petrolio.

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