Nelle ultime settimane il quadro libico ha subito importanti stravolgimenti. Il Governo di Accordo Nazionale, presieduto da Al Serraj e dato più volte sul punto di cadere, ha fatto partire una controffensiva che ha respinto le forze del General Haftar riconquistando importanti capisaldi.
La Turchia è coinvolta direttamente nella fornitura di armi al Governo di Accordo Nazionale e lo fa principalmente attraverso un vero e proprio ponte navale ed aereo.
Navi cargo partite dalla Turchia sono state seguite da satelliti per tutta la navigazione fino a giungere al porto di Tripoli mentre velivoli C-130 dell’Aeronautica turca operano almeno un paio di voli al giorno.
La rotte di aerei e navi è influenzata dalla particolare situazione geopolitica e militare nel Mediterraneo.
Gli aerei evitano anch’essi lo spazio aereo greco e seguono rotte per tenersi a distanza dalle zone controllate dal Generale Haftar.
Si contano almeno 16 decolli da Istanbul per Misurata negli ultimi 13 giorni.
I cargo sono stati tracciati incrociando i dati dell’AIS (Automatic Identification System) con le immagini satellitari.
Le navi, che una volta “tagliavano” tra Grecia e Creta, ora circumnavigano Iraklion a sud per tenersi lontane dalle acque di Atene.
Secondo le informazioni disponibili è inoltre lecito pensare che i cargo possano essere scortati da navi militari turche come evidenziato in una fotografia scattata dalla costa di Tripoli e da immagini satellitari.
Carri armati M60
Recentemente sono state diffuse immagini scattate nei dintorni di Tripoli con carri armati M60 trasportati su rimorchi.
Il carro armato M60 Patton, non trasportabile dai C-130 a causa del peso, è attualmente impiegato in largo numero dai turchi anche in operazioni reali in Siria.
Gli M60 possono dunque essere arrivati in Libia o su una nave cargo (ipotesi più probabile) oppure essere collegati ai movimenti recenti di C-17 Globemaster III del Qatar in Turchia (il Qatar è un grosso sponsor di al-Serraj).
Avere la possibilità di impiegare carri armati nel contesto libico non è cosa da poco. La maggior parte degli MBT dell’Esercito di Gheddafi furono un bersaglio primario durante le operazioni della NATO nel 2010 e quelli sopravvissuti o sono stati distrutti dai ribelli oppure sono rimasti senza pezzi di ricambio.
Rimane chiaramente il rischio di essere esposti al fuoco di armi contro carro se non si adotta una strategia preventiva con il supporto della fanteria (come accaduto ai Leopard turchi in Siria).
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