Sembra essersi consumata con un attacco limitato alla base di Isfahan la replica di Israele all’azione su larga scala portata dalle forze armate iraniane con droni, missili da crociera e balistici alla fine della settimana scorsa.
L’attacco sarebbe stato eseguito da droni, alcuni dei quali (almeno tre), a detta dei portavoce militari iraniani, sarebbero stati individuati, tracciati ed abbattuti dalle difese antiaeree che erano pronte e già in stato di allarme.
Per il tempo necessario agli ingaggi da parte della difesa aerea è stato chiuso lo spazio aereo iraniano, riaperto a cessate esigenze.
Da parte di Israele finora nessun commento all’accaduto; da parte iraniana si sottolinea che l’attacco avrebbe causato pochi danni materiali alle infrastrutture legate al programma di arricchimento dell’uranio, un progetto contestatissimo da diversi anni dagli Stati Uniti e da Israele e non solo che accusano l’Iran di volersi dotare di un arma nucleare, usando le centrifughe, già pakistane, cedute ufficialmente per l’uso civile dell’energia nucleare.
La mossa israeliana, più che un attacco vero e proprio, sembra una sorta di ultimo avvertimento dato dalla dirigenza di Tel Aviv a quella di Teheran, di essere in grado di colpire qualsiasi obbiettivo strategico iraniano senza necessità di impiegare centinaia di droni e missili.
Da Teheran è stato affermato che non ci sono piani di reazione iraniana immediata all’attacco della base di Isfahan e questo potrebbe indicare la volontà di entrambi i Paesi di non voler scendere in un conflitto aperto diretto, “limitandosi” a colpirsi a vicenda nelle aree limitrofe, Libano, Siria, Iraq, Mar Rosso.
Occhio alla situazione in Libano
Le preoccupazioni maggiori ora si concentrano sul Libano dove Hezbollah, a seguito dell’azione iraniana, ha aumentato la pressione, lanciando diversi attacchi dei quali alcuni particolarmente virulenti a cui è seguita una risposta sempre più dura da parte delle IDF che hanno bombardato e colpito in profondità obbiettivi riconducibili all’organizzazione legata all’Iran.
Il timore che serpeggia è che la situazione al confine libanese si deteriori a tal punto da diventare incontrollabile, con l’apertura di un nuovo fronte di battaglia che potrebbe causare forti ripercussioni anche sui fragili assetti interni libanesi, con la comunità cristiana drusa-maronita che ha pubblicamente manifestato stanchezza nei confronti della politica di Hezbollah e dei suoi effetti che condizionano pesantemente la vita del Paese, sempre più afflitto da grave crisi economica e sociale.