Da parte della Cina sarebbe in prossima consegna alla Repubblica Democratica del Congo (RDC) una fornitura di UAS d’attacco costituita da una decina di CH-4 Rainbow.

Questi velivoli hanno un’apertura alare di 18 metri, un peso massimo al decollo superiore le 1,3 tonnellate, una quota di tangenza operativa di 9.000 metri, un’autonomia di volo di 40 ore in missione ISR o 30 ore in configurazione armata ed una velocità massima di crociera di 180 km/h.
La versione acquistata dalla Repubblica Democratica del Congo dovrebbe essere la CH-4B, un UAS di attacco e ricognizione con 6 punti di attacco per armi sotto le ali ed un carico utile da 250 a 345 chilogrammi.
Il CH-4 è in grado di lanciare missili aria-superficie da un’altitudine di 5.000 metri o 16.400 piedi; pertanto, l’UAS può operare al di fuori della portata effettiva della maggior parte dei missili antiaerei portatili e dei sistemi di artiglieria contraerea.
Le armi impiegabili dal CH-4 sono i missili AR-1 e AR-2 di 20 kg di peso, dotato di testata perforante da 5 kg, sistema di guida inerziale con sensore di ricerca laser semi-attivo terminale (SAL) e portata massima 8 km, il missile anticarro AKD, il razzo guidato BRMI-90 da 90 mm, le bombe plananti FT-7/130 da 130 kg, la bomba da 50 kg FT-9/50, la bomba da 25 kg FT-10/25, la bomba GB-7/50 da 50 kg e le munizioni a guida di precisione (PGM) GB-4/100.
I rapporti tra Pechino e Kinshasa sono più che buoni, anche perché circa il 70% del mercato minerario della Repubblica Democratica del Congo è in mano alla Cina, soprattutto per quanto riguarda il cobalto e rame, anche se non mancano “attriti” per il ritardo di forniture non inviate e costruzione di infrastrutture, a suo tempo promesse dai Cinesi, non ancora realizzate.
Le preoccupazioni di Pechino nascono dalla forte instabilità che da anni insidia gli equilibri interni (ed esterni) della RDC, alle prese con diversi movimenti di guerriglieri e gruppi di insorgenti, con il Movimento 23 marzo (M23) tra i più attivi a portare attacchi soprattutto nelle regioni nord orientali del Paese.
Nonostante la presenza del contingente ONU, la situazione è peggiorata progressivamente, tanto che la Comunità dell’Africa orientale (EACRF) ha deciso l’invio di truppe per riportare la calma e “puntellare” il governo centrale, anche al fine di evitare “il contagio” alle regioni circostanze, da parte di un’area che è fortemente instabile dai tempi dell’indipendenza ottenuta dal Belgio.
Ai contingenti schierati da Kenya e Burundi si va ora ad aggiungere quello schierato dall’Angola, Paese con il quale la RDC condivide il suo confine meridionale occidentale.
Le preoccupazioni sono per un possibile scontro aperto tra RDC e Ruanda, Paese con il quale i rapporti sono pessimi; Kinshasa accusa infatti Kigali di dare appoggio logistico e protezione al M23 ed altri gruppi, e le crescenti tensioni riportano alla memoria i devastanti massacri inter etnici che sconvolsero la regione negli anni Novanta.