Son passati ben 76 anni da quando, nell’estate del 1945, detonavano sul Giappone due bombe atomiche. “Little Boy” e “Fat Man” esplosero sul territorio nipponico, la prima su Hiroshima il 6 agosto mentre quella su Nagasaki, il 9 agosto. L’impatto che ebbero sulla storia fu davvero qualcosa di devastante, al punto che si parlò per la prima volta di armi di distruzione di massa. Come già trattato negli articoli precedenti, il lavoro che portò alla creazione di un arsenale così potente quanto distruttivo, fu correlato di molteplici personalità, a partire dal team del progetto Manhattan. Fu anche un modo bellico per comunicare ai futuri antagonisti, come i sovietici, che gli USA ancora una volta erano stati più avanti in tutto e con una mossa a sorpresa, erano riusciti a sbaragliare i nemici giapponesi ed ad obbligarli alla resa finale, firmata poi sulla celeberrima USS Missouri, il 21 agosto 1945. Possiamo quindi evincere che, l’utilizzo delle WMD per la prima volta nella storia, definì l’inizio di una nuova epoca.
Il contesto bellico – strategico dell’epoca
Come già affermato, l’impiego delle bombe atomiche era stato definito dall’urgenza di terminare (il prima possibile) il secondo conflitto mondiale nell’area del Pacifico. La conquista dell’isola di Okinawa era stata il degno pretesto per l’utilizzo di tali armamenti: per conquistarla vi morirono ben 70mila soldati statunitensi. Inoltre, l’operazione Downfall, volta ad invadere il Giappone, avrebbe
comportato un rischio esagerato a livello di perdita di vite umane: occorreva trovare assolutamente una soluzione. Nonostante l’impiego dei dispositivi nucleari sia visto oggigiorno, quasi come un crimine contro l’umanità, è in realtà stato un mero atto di guerra, volto ad evitare ulteriori perdite umane su entrambi i lati, sia nipponico che americano. Infatti, sul fronte statunitense urgeva la necessità dell’impiego di una tale arma, al fine di (come già detto), accorciare il tempo (la durata) dei combattimenti.
Lo scenario politico nordamericano
Dal punto di vista politico, successivamente alla morte di Franklin Delano Roosevelt, era succeduto Harry Truman, il quale era all’oscuro del progetto Manhattan e degli esperimenti che avevano avuto sede ad Alamogordo, nel New Mexico (col test Trinity). (Egli) Fu messo al corrente dal segretario della guerra Stimson, il quale gli parlo delle WMD come “la carta vincente” ed un nuovo “equilibratore”. W. Churchill arrivò addirittura a definirlo un Secondo Avvento. Una cosa è certa: gli Stati Uniti detenevano l’asso che avrebbe cambiato le sorti della Seconda Guerra Mondiale e non solo, avrebbe anche ridefinito i rapporti a livello di politica estera con la Russia sovietica, che incombeva notevolmente sull’Europa Orientale. Fu creato un comitato speciale al fine di studiare al meglio dove poter utilizzare la bomba, focalizzandosi su un’area ben definita sfruttandone al massimo la forza distruttiva.
La scelta degli obbiettivi e l’atto finale
Riguardo alla scelta degli obbiettivi, erano veramente molteplici le città che risultavano essere idonee per l’impiego delle armi atomiche. Fu scartato Tokyo, poiché era stato già pesantemente a lungo bombardato con bombe incendiarie lo stesso anno (per la precisione, il primo utilizzo del napalm a livello storico). La scelta ricadde quindi su città come Hiroshima, Nagasaki, Kyoto, Kokura e Yokohama: quello che i decisori politici statunitensi cercavano era un centro abitato di grande entità, caratterizzato dalla presenza di installazioni volte a sostenere lo sforzo bellico, come industrie, porti e così via.
La scelta di Hiroshima fu dovuta al fatto che, nell’immediata vicinanza non vi fossero campi di prigionieri di guerra (i cosiddetti “Pow Camps”) e soprattutto, al limite periferico della città vi fossero strutture di produzione volte allo sviluppo difensivo del Giappone imperiale. Inoltre, la presenza di strutture in cemento armato e l’immenso rischio di incendio, costituivano fattori decisivi.
Per Nagasaki il discorso fu diverso, poiché essa era stata sviluppata non seguendo il piano regolatore urbano e le case erano ammassate tra di loro, accanto alle fabbriche. In più, era uno dei maggiori porti del Giappone, di vitale importanza a livello di infrastrutture che spaziavano dalla produzione di munizioni ad equipaggiamenti militari.
Hiroshima
Hiroshima fu bombardata dall’aereo denominato “Enola Gay” (un bombardiere B-29 Superfortress): la bomba atomica fu sganciata e, nonostante fosse tarata per esplodere a 600 metri, esplose a 580 metri da suolo. Trattandosi di una bomba a gravità (o a caduta libera), passarono ben 43 secondi da quando venne lanciata alla sua effettiva detonazione. Si reputa che dopo lo scoppio, perirono all’istante tra le 70mila ed 80mila persone. Il 90% degli edifici fu spazzato via dall’esplosione e dopo di essa, seguì il divampare di numerosi incendi, che devastarono ancora di più la città (già) martoriata. Curioso è notare che (come?), nonostante i giapponesi avessero intercettato sui loro radar la minaccia in arrivo, la sottovalutarono, pagandone le conseguenze.
Nagasaki ed il messaggio presidenziale di Truman
In seguito al primo bombardamento atomico, sedici ore dopo il presidente Truman dichiarò che se non fosse stata stilata una resa, una pioggia di distruzione avrebbe investito il Giappone. Allo stesso tempo, l’Unione Sovietica violava il patto di non aggressione, invadendo i territori della Manciuria. Ciò nonostante, i generali nipponici non si preoccuparono eccessivamente della situazione ed anzi, furono molto propositivi riguardo al continuare il conflitto.
Per quello che concerne Nagasaki, l’aereo impiegato per il bombardamento fu “Bookscar” (anche questa volta, un B-29, come per Hiroshima), anche se in questo caso, la bomba era al plutonio 239.
A livello di bilanci dei caduti, ben 55 mila furono i deceduti e successivamente, si arrivò alla drammatica cifra di 80mila.
Le reazioni e la conclusione della Seconda guerra mondiale
A livello mondiale, si alzò un coro di preoccupazione inseguito agli avvenimenti dell’agosto del 1945. Molti non riuscirono a capacitarsi (del fatto) che l’uomo fosse arrivato ad un tale grado di distruzione. Certamente, i bombardamenti atomici spinsero finalmente il Giappone alla firma della resa incondizionata con gli Stati Uniti d’America. Occorre quindi ricordarsi che la storia ha molto da insegnarci: è inutile guardare con sguardo critico e quasi scettico, scelte che son state fatte ben 76 anni fa e che hanno garantito la pace globale che ancora oggi conosciamo e che, spesso, sdegniamo senza neanche renderci conto di quanto sangue è stato versato, per giungere ad un tale risultato.