Il Parlamento Egiziano ha provveduto a ratificare l’accordo bilaterale con la Grecia che stabilisce la linea di demarcazione delle rispettive Zone Economiche Esclusive (ZEE)- nel Mediterraneo orientale. Tale accordo è stato fortemente contestato dalla Turchia che rivendica i diritti di esplorazione e di sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas siti nella area oggetto della intesa greca-egiziana. In quelle acque la Turchia vuole inviare la sua nave da ricerca sismica Oruç Reis.
Peraltro, nel 2019 la Turchia ha siglato un simile accordo con il Governo di Tripoli, quello riconosciuto a livello internazionale guidato da Fāyez Muṣṭafā al-Sarrāj. Questo accordo quadro ha sollevato non poche critiche e polemiche da parte della Grecia e di altri Paesi (Egitto e Cipro in primis) nonché dall’Unione Europea. L’accordo turco-libico delimita un breve tratto del confine reciproco della ZEE a sud-est di Cipro, affermando anche le altre controversie della Turchia e le rivendicazioni di confine della piattaforma continentale, non tenendo conto delle rivendicazioni greche e cipriote sulle stesse aree. La stessa Unione Europea ha rigettato tale accordo considerandolo non conforme al diritto internazionale riconosciuto e definendolo privo di effetti nei confronti dei Paesi terzi.
Da parte sua Ankara tra luglio ed il corrente mese di agosto ha aumentato la pressione aeronavale nell’area del Dodecanneso e nelle acque di Cipro, inviando a più riprese unità da guerra a scortare la nave da ricerca sismica Barbaros Hayreddin. Ma Atene ha prontamente risposto mettendo in stato di allerta le sue Forze Armate ed ha inviato unità navali a proteggere le isole più orientali. In un caso si è registrata una leggera collisione tra una nave turca ed una greca, senza problemi per gli equipaggi e per le stesse imbarcazioni.
Anche nel mare cipriota la tensione è aumentata in quanto Ankara ha deciso di iniziare una campagna esplorativa di ricerca di gas e petrolio nelle acque che considera appartenenti alla propria piattaforma continentale e che, invece, Cipro considera di sua esclusiva proprietà. Sono state notificate NAVTEX, esercitazioni navali a fuoco, da parte della Turchia e di Cipro fino alla prima decade di settembre.
In questo caso, Parigi si è mobilitata, inviando unità navali ed aerei a svolgere esercitazioni congiunte con le marine greca e cipriota ed esplicitando un messaggio durissimo alla Turchia di non procedere oltre con queste iniziative. Infatti, Parigi minaccia di far approvare dall’Unione Europea un pacchetto di sanzioni che aggraverebbero pesantemente lo stato economico di per sé per nulla brillante della Turchia. Ma Ankara ha sua disposizione la pesante “arma” del flusso migratorio che si riverserebbe sull’Europa senza il contenimento turco.
Tra l’altro, in sede di Unione Europea si scontrano le posizioni di Francia e Germania, quest’ultima contraria alla applicazione delle sanzioni nei confronti della Turchia (Berlino ha applicato un parziale embargo sulle armi per la questione curda) e favorevole, sostanzialmente, all’attuale situazione (accordo Turco-Libico) ai danni di Grecia ed Egitto. Anche Malta si è detta favorevole all’accordo tra Ankara e Tripoli e, quindi, contraria alle iniziative francesi e greche.
A questo scenario plumbeo si aggiunge la recente decisione di Tripoli di dare in concessione per 99 anni alla Turchia la possibilità di usufruire della base navale di Misurata, nella quale sarà schierata a rotazione una delle fregate in servizio con la Marina Turca, nonché distaccamenti delle Forze Speciali. In quest’operazione non è estraneo il Qatar che avrebbe fornito il necessario supporto finanziario all’operazione.
Ovviamente, questa svolta è vista come “fumo negli occhi” da Parigi, Atene, Cipro ed Il Cairo, le quali vedono aumentare le capacità operative della Marina Turca nel Mediterraneo Centrale, potendo agire contemporaneamente sia in Egeo e nel Levante, sia tra Sirte e Creta. Invece, da Roma non provengono dichiarazioni ufficiali od ufficiose in merito.