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Il futuro della Difesa europea

Il contesto di feroce competizione globale sta facendo pesare ai Paesi europei tutta la loro inadeguatezza, in termini dimensionali e strutturali, rispetto alla dinamicità ed all’entità dei loro competitor internazionali.

Per rispondere a questa sempre più palese inadeguatezza gli Europei hanno avviato, in particolare a partire dal periodo immediatamente successivo all’invasione russa della Crimea del 2014 e sfruttando diverse strutture previste nei Trattati peraltro mai realizzate, una serie di iniziative comuni volte a migliorare e rendere più efficace la loro cooperazione in ambito militare ed industriale.

L’evolversi tragico della situazione globale, tuttavia, ha messo in luce come queste iniziative fossero completamente inadeguate ad affrontare in maniera seria le sfide poste all’Europa e, nonostante il carattere certamente positivo di alcune delle contromisure prese (in particolare la Cooperazione Strutturata Permanente, PESCO, ed il Fondo Europeo per la Difesa, EDF) non si possono non segnalarne anche i punti critici.

I programmi e le strutture europee, infatti, seppur ideati nei limiti del possibile e con un pensiero di fondo certamente positivo, hanno sofferto e soffrono tuttora di un serio problema di frammentazione politica, militare ed industriale.

I programmi PESCO in particolare, come evidenziato anche recentemente dai Ministri della Difesa dell’UE nel ambito della CARD 2024, sono troppi e poco incisivi, rendendoli nei fatti assolutamente inefficaci e spesso ridondanti gli uni con gli altri, con tutti gli sprechi ed i problemi organizzativi che si possono facilmente immaginare.

Meglio ideati, ma comunque incapaci di dare una via di sviluppo comune, i programmi finanziati nel ambito del EDF, programmi annuali basati su un’adesione di tipo più industriale e meno “istituzionale” rispetto a quelli PESCO.

L’UE si è poi bruscamente svegliata il 24 febbraio 2022 con l’invasione delle forze russe ai danni dell’Ucraina, trovandosi dinanzi alle conseguenze di decenni di politiche militari solo di facciata quando non completamente inesistenti.

Nella susseguente emergenza sono state lanciate alcune iniziative, principalmente di carattere industriale, ed altre già in atto sono state potenziate.

Degni di nota i programmi a carattere industriale previsti dall’EDIRPA (European Defence Industry Reinforcement through common Procurement Act) e dall’EDIDP (European Defence Industrial Development Programme), così come il programma di procurement congiunto di munizionamento ASAP ed il “libro bianco” europeo per l’industria della difesa noto come EDIS (European Defence Industry Strategy).

Si tratta nel complesso di decisioni molto più concrete ed a breve termine rispetto ai programmi di R&D con orizzonti spesso decennali proposti da PESCO o finanziati da EDF, ma pur sempre insufficienti a permettere all’Europa di compiere quel salto di qualità di cui ha così disperato bisogno e che altrettanto disperatamente non riesce ad eseguire.

Infine, con il recentissimo voto di fiducia da parte del Parlamento europeo alla nuova Commissione, l’UE si è dotata per la prima volta nella sua storia di un Commissario europeo per la Difesa, il lituano Andrius Kubilius.

Il suo compito, secondo quanto affermato da quest’ultimo e dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sarà di favorire una grande riforma del mercato della difesa europeo, valorizzando ed incentivando la cooperazione e l’integrazione industriale nel Vecchio Continente, spingendo poi per un procurement congiunto che sia sistematico e, dunque benefico, per i Paesi, per la Difesa e per l’industria.

L’UE si sta dunque accingendo a compiere finalmente il grande balzo in avanti che molti aspettano? Non esattamente.

Il Commissario Kubilius, politico tutt’altro che di primo pelo, ha perfettamente descritto la situazione del settore della Difesa in UE nella sua audizione di conferma: sarà complicatissimo (se non impossibile) istituire un framework realmente vincolante di procurement congiunto, almeno a breve termine.

Così come sono tutt’altro che semplici da affrontare i problemi, dilaganti, di frammentazione industriale, che scaturiscono spesso dalla mancanza (questa sì, totale) di un mercato unico della Difesa nell’UE.

Le maggiori aziende del settore sono in larghissima maggioranza controllate dagli Stati membri, che hanno spesso ben pochi interessi (purtroppo, essendo questi meramente egoistici e troppo spesso politici) a garantire la libera partecipazione alle gare di appalto militari che loro stessi indicono.

In conclusione, l’Europa ha compiuto degli evidenti passi in avanti in termini di difesa collettiva rispetto anche solo all’inizio del millennio, ma questi non sono minimamente sufficienti ad affrontare le sfide del mondo odierno.

Quello che l’UE dovrebbe fare (e sta cercando di fare, sotto certi aspetti) è favorire la creazione di un mercato unico della Difesa (che ad oggi non esiste affatto, se non su carta) e l’integrazione industriale, spingendo i Paesi a cooperare in programmi strategici di difesa continentale che sarebbero impossibili o controproducenti da portare avanti singolarmente.

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