Il Giappone ha in corso un programma, Next Wheeled Armoured Vehicle gestito dal Ministero della Difesa Giapponese, per un nuovo veicolo ruotato da combattimento della fanteria destinato ad integrare ed prendere il posto dei Type 96 APC nei compiti più impegnativi, dei Type 87 ARV nei compiti di ricognizione e dei vecchi Type 73 APC cingolati.
Allo stato attuale, sono due i veicoli sottoposti a prove e valutazioni da parte degli organi tecnici della JGSDF, uno sviluppato dalla Mitsubishi e l’altro è una versione tarata per i requisiti giapponesi del finlandese Patria AMV XP.
Infatti, al momento la selezione in corso riguarda l’adozione di un nuovo veicolo da combattimento della fanteria o IFV che dovrebbe affiancare le blindo Type 16 MCV 8×8, dando vita ad unità di fanteria meccanizzata media molto simili alle Brigate Medie schierate dal Esercito Italiano nel corso di questi anni. L’Esercito Italiano teorizzò negli anni Ottanta la trasformazione delle Brigate Motorizzate e di quelle Meccanizzate destinate alla difesa del territorio, al di fuori delle aeree di competenza degli allori tre Corpi d’Armata, con mezzi blindati ruotati da combattimento, trasporto, ricognizione e supporto di fuoco che avrebbero dovuto sostituire i carri armati M47, Leopard 1, i veicoli da trasporto truppe M113 e le sue varianti VCC/anticarro e porta mortaio. Questa evoluzione portò allo sviluppo e realizzazione della Centauro I MCS, della famiglia di blindati Puma 4×4 e 6×6 destinati rispettivamente alla ricognizione e trasporto truppe e, successivamente, al veicolo da combattimento della fanteria IFV Freccia 8×8 in una versione assai diversa rispetto ai prototipi apparsi nei primi anni Novanta. Le esperienze dell’Esercito Italiano non solo in Patria ma, soprattutto, all’Estero hanno trovato terreno fertile nella JGSDF che, nel corso del tempo, si è quantomeno ispirata e portato in linea veicoli filosoficamente molto vicini ai veicoli italiani. Pertanto, sarà interessante verificare se la decisione del Esercito Italiano di rinnovare queste linee blindate con mezzi di nuova generazione, la Centauro II e la nuova versione del Freccia, darà spunto alla JGSDF di operare anch’essa in tal senso.
Per rispondere alla richiesta della JGSDF, Mitsubishi Heavy Industries per lo sviluppo del nuovo veicolo blindato da combattimento della fanteria ha adattato il telaio del Type 16 MCV 8×8, una sorta di blindo Centauro I, armato con un cannone ad alta pressione da 105/51 mm che l’Esercito di Tokyo ha adottato a metà del trascorso decennio.
La Type 16 8×8 è tutt’ora in produzione, con numero estremamente basso di esemplari allestiti su base annua unicamente per le esigenze della JGSDF.
Peraltro, il costruttore giapponese vuole usare il telaio del MGS Type 16 per dar vita ad una vera e propria famiglia di veicoli blindati di nuova generazione, visti anche gli input che provengono dallo Stato Maggiore della JGSDF e dallo stesso Governo Giapponese che si è mostrato interessato anche ai possibili e proficui sbocchi esportativi.
Pertanto, Mitsubishi ha adattato il telaio del Type 16 8×8 da lei sviluppato e costruito e ne ha realizzato una prima versione IFV oggi sottoposta alle prove comparative con il Patria AMV XP.
Nelle intenzioni di Mitsubishi vi è la realizzazione delle versioni da ricognizione e porta mortaio e non si possono escludere altri allestimenti come quella posto comando ed ambulanza protetta o veicolo blindato recupero e mezzo del genio.
Facendo ricorso allo stesso telaio si otterrebbero evidenti economie di scala, sia dal punto di vista del costo unitario, abbattendo i costi di produzione, sia dal punto di vista tecnico, manutentivo, addestrativo ed operativo perché la JSDF avrebbe a disposizione un’unica famiglia di mezzi che condividerebbe la comunanza logistica, abbattendo le spese ed i tempi di manutenzione.
Come detto, peraltro sia il costruttore, sia il Governo Giapponese hanno interesse ad imporsi sul mercato internazionale, anche grazie alla revisione della legislazione nazionale in materia di esportazione di sistemi d’arma, finora estremamente ostativa e restrittiva in tal senso.
Il ragionamento del Governo Giapponese è chiaro, perché il settore industriale-militare apporta parecchie risorse economiche con le esportazioni e l’immensa area del Indo-Pacifico assorbe quantità sempre più significative di spese militari nei PIL dei Paesi più impegnati nel riarmo.
Pertanto, Tokyo è più che interessata ad “intercettare” parte della domanda di sistemi d’arma che proviene da quell’area (ma non solo, ad esempio anche il ricchissimo Medio Oriente rientra nei “target” del Giappone), puntando sulla qualità dei prodotti sviluppati e messi a punto per le esigenze stringenti ed i severi requisiti delle proprie Forze Armate.
Oltre le necessarie modifiche legislative, chiave di volta per il successo di quest’operazione non può non essere la riduzione del costo unitario dei sistemi d’arma allestiti dal comparto industriale giapponese, che, allo stato attuale, non sono assolutamente competitivi con quelli proposti dal mercato.
Infatti, il Giappone sviluppa e costruisce ogni genere di sistema d’arma, tra cui i mezzi da combattimento, solo per le esigenze interne con ritmi produttivi estremamente bassi su base pluriennale, con costi che per i Paesi Occidentali non sarebbero accettabili, avendo Tokyo come obiettivo soprattutto il mantenimento della base industriale e l’indipendenza nel settore industriale-militare.
Ovviamente, per essere competitivi sul mercato internazionale è necessario per il Giappone “convertire” questa filosofia economica-produttiva (un Paese straniero, potenziale acquirente, non può accettare di dover sopportare i costi di sviluppo e di costruzione a basso ritmo caricati sui costi d’acquisto e di supporto nonché tempi di consegna estremamente dilatati) in un modus operandi più vicino alle logiche di “mercato” per ottenere il successo desiderato.
Peraltro, c’è da dire che Tokyo, nonostante i problemi, ha aumentato le esportazioni anche nel settore militare, ottenendo successi nel campo della cantieristica navale e come mezzi e velivoli di seconda mano rivenduti all’Estero a Paesi amici nell’area del Indo-Pacifico.
Prossimo obiettivo del Governo di Tokyo sarà quello di ottenere un primo vero e proprio successo di esportazione anche per materiali e sistemi d’arma in produzione per le Forze di Autodifesa; a quel punto si potrà dire completata la “rivoluzione”.
Foto Japan Ground Self-Defense Force