Tra Washington ed Ankara sale la tensione per la divergenza di opinioni sulla creazione di una zona cuscinetto nel nord della Siria.
Tale zona cuscinetto andrebbe a detrimento delle forze curde alleate di Washington nella lotta all’Isis.
Ieri il capo del Pentagono ha messo in guardia la Turchia dall’intraprendere un’operazione militare unilaterale nel nord della Siria per colpire una milizia curda alleata degli Stati Uniti. La dichiarazione è stata pronunciata in concomitanza della missione di funzionari della difesa americana ad Ankara. Infatti, la visita è considerata come l’ultimo sforzo di Washington per evitare l’offensiva turca in Siria.
Qui la dichiarazione ufficiale dell’ambasciata statunitense https://tr.usembassy.gov/statement-on-joint-military-talks-regarding-syria/
Le tensioni tra gli alleati NATO sulla regione di confine che la Turchia considera parte della sua sfera di sicurezza nazionale sono arrivate al culmine. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che sta esaurendo la pazienza con gli estenuanti negoziati a lungo termine. Le due parti stanno discutendo le dimensioni e la portata di una zona cuscinetto a sud del confine turco. Da tale zona cuscinetto sarebbero espulse le forze democratiche siriane, guidate da militanti curdi che Ankara considera un’organizzazione terroristica.
Le parole del Segretario alla Difesa Esper
Gli Stati Uniti vogliono evitere un’incursione unilaterale che danneggerebbe gli “interessi reciproci” delle due parti in Siria. Queste sono le parole espresse dal Segretario alla Difesa Mark Esper mentre si recava in Giappone. Peraltro, Esper ha rincarato la dose affermando che “Chiaramente crediamo che qualsiasi azione unilaterale da parte turca sarebbe inaccettabile”. In ogni caso il Segretario alla Difesa Esper ha specificato che Washington intende pervenire ad un accordo con Ankara.
La proposta statunitense
Da parte sua Erdogan ha dichiarato che intende “prosciugare la palude terroristica ” nel nord della Siria. L’offensiva turca ricalcherebbe le due precedenti operazioni transfrontaliere del 2016 e del 2018.
La delegazione degli Stati Uniti ha proposto una zona di 15 chilometri (circa nove miglia) per 120 chilometri (75 miglia) in cui i combattenti curdi sarebbero passati al controllo congiunto delle forze statunitensi e turche.
Peraltro la Turchia ha respinto l’offerta, dicendo che accetterà solo un ” corridoio di pace ” largo 30 chilometri (19 miglia) che sia completamente sotto il suo controllo.
La presenza statunitense
Pertanto, vi è un reale possibilità che questa volta Erdogan dia il via libera ai militari turchi per lanciare un’offensiva al di là dell’Eufrate.
Ma in quella zona vi sono circa 1.000 militari statunitensi che, nonostante i proclami di Trump di completo ritiro dalla Siria, sono rimasti ben saldi.
Questi militari hanno contribuito ad addestrare, armare e sostenere le forze curde nella lotta contro l’Isis.
Particolare non indifferente, le forze curde detengono circa 10.000 combattenti islamici fatti prigionieri.
In caso di attacco turco questi combattenti potrebbero essere liberati per prendere le armi contro i Turchi.
Di fatto verrebbe a crearsi una grave crisi tra Ankara e Washington i cui rapporti sono comunque piuttosto tesi come dimostra la vicenda F-35 https://aresdifesa.it/2019/08/02/iniziato-il-rientro-a-casa-dei-piloti-turchi-di-f-35/