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La grande fuga dal Sudan in fiamme

Il caos scatenato dalla guerra civile sempre più feroce in Sudan ha costretto le Nazioni occidentali e non solo ad organizzare l’evacuazione del personale diplomatico e dei propri cittadini presenti nel Paese africano.

Le due parti in causa avevano contrattato una sorta di tregua in occasione della festività religiosa di Eid al-Fitr ma in pratica l’accordo in tal senso non è mai stata rispettato; anzi, dopo la capitale Khartoum, è la città di Omdurman ad essere stata investita dai combattimenti.

Le vittime aumentano di giorno in giorno; quelle accertate superano le quattrocento ed i feriti sarebbero oltre tremilacinquecento ma con ogni probabilità sono dati per difetto.

Il Paese è praticamente isolato a causa degli ingentissimi danni subiti dalle infrastutture delle comunicazioni telefoniche e dei servizi internet praticamente collassati.

Non essendovi più le condizioni di sicurezza si è dato inizio in tutta fretta da parte dei Paesi occidentali e non solo alle operazioni di recupero dei cittadini stranieri.

Tutto questo sta avvenendo con l’aeroporto internazionale di Khartoum oggetto di pesanti attacchi e con gravi danni infrastrutturali.

Gli Stati Uniti, con la copertura elettronica di un RC-135W Rivet Joint, hanno evacuato il proprio personale diplomatico impiegando le proprie forze speciali e velivoli, tra cui un HC-130 e due MC-130J Super Hercules che hanno fatto poi tappa in Etiopia. Nello svolgimento delle operazioni hanno partecipato anche tre MH-47G ed almeno un AC-130J Ghostrider del 160th SOAR che, peraltro, pare abbiano appoggiato anche i RESEVAC francesi. A Port Sudan sono state schierate risorse navali pronte per le necessità così come sono stati attivati i necessari dispositivi ISR per l’esecuzione delle operazioni.

Il Canada ha dispiegato C-130 e forze speciali che hanno fatto base nel Sinai egiziano per recuperare in Sudan i cittadini canadesi intrappolati in Sudan.

Il Regno Unito, coordinandosi con gli Stati Uniti e la Francia, ha impiegato distaccamenti della 16 Air Assault Brigade, dei Royal Marines e gli indispensabili velivoli della Royal Air Force per evacuare il personale dell’Ambasciata. Il Ministro della Difesa Ben Wallace ha voluto pubblicamente ringraziare i 1200 militari che sono stati impegnati nell’operazione.

La Francia insieme ad altri Paesi ha organizzato una evacuazione generale con forze speciali e velivoli A400M inviando anche un A330 a Gibuti con un’altro tenuto pronto al decollo a N’Djamena in Ciad, mentre Grecia ed Egitto si sono coordinate per estrarre dal Sudan cittadini greci e ciprioti con l’invio di aerei da trasporto egiziani e forze speciali. La missione francese ha avuto più di un problema con scontri a fuoco che hanno causato il ferimento di almeno uno dei civili in via di trasferimento.

L’Italia da parte sua ha inviato la sua Task Force che fa perno sulla base operativa a Gibuti, nel Corno d’Africa, per evacuare circa 140 nostri connazionali presenti in Sudan, molti dei quali nei giorni scorsi si sono rifugiati nella Ambasciata a Khartoum per ragioni di sicurezza. In particolare, per l’esigenza Sudan lo Stato Maggiore della Difesa ha mobilitato i velivoli da trasporto C-130J e componenti delle Forze Speciali del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” e dell’Arma dei Carabinieri.

Anche i Paesi Bassi di gran fretta hanno recuperato e portato via i propri cittadini e personale dell’ambasciata, mobilitando i C-130H della Reale Aeronautica ed un velivolo civile giordano.

La Turchia ha iniziato ad intraprendere azioni per aiutare i cittadini turchi nelle zone di conflitto a tornare in Turchia attraverso Paesi terzi.

Come anticipato, non solo i Paesi Occidentale hanno organizzato l’evacuazione ma anche l’Arabia Saudita che con un convoglio terrestre ha portato via da Khartoum i suoi connazionali e di altri Paesi fino a Port Sudan dove una nave militare della Reale Marina Saudita li ha presi a bordo per traghettarli fino a Gedda nella penisola arabica.

Gibuti è divenuta centro di appoggio di buona parte di queste operazioni con velivoli statunitensi, britannici, italiani, canadesi, francesi, tedeschi e giapponesi avvistati in gran numero sulla piste.

La attuale crisi nasce dallo scontro tra le forze “regolari” e quelle della RSF a causa delle divergenze su quale autorità fosse incaricata di sovrintendere il trasferimento delle unità della RSF nelle fila dell’esercito. Sullo sfondo vi sono le influenze internazionali che hanno portato il Sudan a divenire terreno di scontro, non ultima la possibile apertura di una base navale russa nel Mar Rosso.

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