Tra gli Stati africani post-coloniali, nessuno supera la Repubblica Democratica del Congo (Zaire dal 1971 al 1997) per violenza e numero di morti nel susseguirsi di conflitti etnico-politici proseguito per decenni. Dentro i suoi mal tracciati confini, la provincia del Katanga è stata teatro di vasti interventi internazionali fin dal 1960, con l’iniziativa delle Nazioni Unite contro il governo secessionista sostenuto da mercenari europei. Ribattezzata Shaba sotto il regime di Mobutu Sese Seko, la provincia è ricca di minerali gestiti dalla Générale des Carrières et des Mines, impresa pubblica in cui negli anni Settanta lavorano migliaia tra belgi e francesi.
Il conflitto riprese su vasta scala nel 1977 su iniziativa del Fronte Nazionale per la Liberazione del Congo (FNLC), sostenuto dall’Angola di Agostinho Neto e del Movimento Popolare di Liberazione (MPLA). Infatti, nel mese di marzo circa duemila combattenti varcarono il confine senza incontrare resistenza da parte delle Forze Armate Zairesi (FAZ) afflitte da corruzione, mancanza di mezzi e disorganizzazione. La crisi spinse all’intervento del cosiddetto Safari Club, un gruppo di Paesi interessati a contenere l’espansione del comunismo in Africa. La Francia fornì supporto aereo e logistico, ma fu il Marocco a risultare decisivo con l’invio di un corpo di spedizione. Le città occupate dall’FNLC tornarono sotto controllo governativo, con annessa scia di violenze e saccheggi sulla popolazione. Nel successivo mese di maggio terminò la prima guerra dello Shaba. La sconfitta non si rivelò però decisiva: Neto, infatti, continuò a sostenere i ribelli e questi poterono contare sul reclutamento delle migliaia di profughi in fuga dalla repressione scatenata da Mobutu. In poco tempo fu ricostituita una forza di circa cinquemila uomini e nel maggio 1978 partì una nuova invasione, conosciuta come seconda guerra dello Shaba.
Forse consigliati dagli stessi militari cubani che ne curarono addestramento e organizzazione, i ribelli evitarono di rallentare su obiettivi di poco valore e puntarono sui bersagli più importanti: Mushasha e Kolwezi. Ancora una volta, chiamate ad intervenire le FAZ fornirono pessima prova. Sebbene fosse guarnita di forze sufficienti, la regione cadde in mano al FNLC anche per la fuga di molti ufficiali terrorizzati dalla vendetta dei miliziani (timore motivato, viste le successive uccisioni di filo-governativi). A Kolwezi, percorsa da fuggiaschi zairesi e miliziani fuori controllo, rimasero intrappolati i residenti europei impiegati dalla Gécamines. Inizialmente ignorati dai miliziani, dopo pochi giorni iniziarono a subire le prime uccisioni arbitrarie, mentre la tentata controffensiva delle FAZ si risolse in un disastro.
I Governi coinvolti nella nuova crisi dello Shaba diedero risposte diverse. L’Amministrazione Carter, visto il minimo coinvolgimento di cittadini statunitensi, si limitò ad un supporto indiretto. Il Governo Belga, decisivo in analoga situazione nel 1964 a Stanleyville, rimase in disparte. La Francia decise, invece, una soluzione di forza, per liberare gli ostaggi e distruggere le forze dell’FNLC. Pertanto, il 17 maggio fu mobilitata una forza di reazione rapida incentrata sul 2ème REP, il Secondo Reggimento Paracadutisti della Legione Straniera, con l’ordine di riconquistare Kolwezi.

La Legione Straniera del 1978 non era più quella dell’epica coloniale dei primi del Novecento, con giacca blu e kepi blanc resi immortali dalle campagne di Algeria e Tonchino. Il dopoguerra era stato segnato da due episodi egualmente tragici e decisivi. La sconfitta di Dien Bien Phu nel 1954, allorquando i paras resistettero per tre mesi all’assedio delle forze vietnamite finendo infine travolti ed il golpe di Algeri del 1961, con la rivolta contro De Gaulle reo di essere sceso a patti con i nazionalisti algerini. Il 1ère REP, compromesso dagli eventi, fu sciolto d’autorità e tutta la Legione Straniera rischiò la stessa fine. Il Governo di Parigi e i vertici militari, infatti, non si fidavano più di questi uomini, né essi sembravano servire più come forza coloniale, considerato che il periodo coloniale francese era ormai chiuso.

La salvezza della Legione Straniera, che passò attraverso riduzione numerica e un diverso concetto operativo, si deve all’allora Ministro della Guerra Pierre Messmer. Non più unità di punta delle guerre coloniali, ma reparto d’élite integrato nel Armée de Terre con addestramento al combattimento urbano, subacqueo, in montagna ed avvenuta trasformazione, quindi, in una moderna forza speciale. Anche la distribuzione geografica fu modificata: persa la storica sede algerina di Sidi Bel Abbès, l’unità fu smembrata per evitare pericolosi concentramenti che potessero portare ad attivismo politico. Numerose le sedi nella Francia metropolitana, da Aubagne a Orange, numerose quelle oltremare, arcipelago delle Comore, Madagascar e Gibuti. Il 2ème REP, sopravvissuto alla ristrutturazione post-Algeri, è stanziato a Calvi in Corsica, scossa dall’irredentismo antifrancese. Un modo, forse, per sottolineare il controllo di Parigi sull’isola.

Ed è prorpio in Corsica, il 17 maggio 1978, che il Tenente Colonnello Philippe Erulin che ricevette l’ordine di prepare e radunare i suoi uomini, sparsi in addestramento su tutta l’isola, e predisporsi alla partenza immediata per lo Zaire. L’ordine di allerta giunse alle dieci del mattino; alle due e mezza del mattino del 19 maggio il reparto fu schierato all’aeroporto di Kinshasa. In quel momento i primi aerei, francesi e zairesi, erano già in volo verso Kolwezi con 80 legionari per velivolo. I primi lanci avvennero poco dopo le quindici, segnando l’inizio dell’Operazione Bonite.

La fase di inserimento non fu contrastata dall’FNLC, che non disponeva di assetti antiaerei, ma il lancio su una zona dissestata e circondata dalla savana non fu comunque impresa facile. Sei legionari rimasero feriti e l’inglese Robert Arnold, finito in una zona controllata dai ribelli, rimase ucciso. Superata la fase critica del raggruppamento, la situazione iniziò a migliorare decisamente per i paracadutisti che raggiunsero rapidamente gli obiettivi indicati: il liceo Giovanni 23esimo, l’ospedale, l’hotel Impala, la stazione ferroviaria. In poche ore Kolwezi fu praticamente messa al sicuro, i miliziani respinti con forti perdite, ma la seconda ondata fu cancellata per evitare lanci notturni e la notte trascorre in sporadici scontri con l’FNLC, che non riuscì a riprendere l’iniziativa pur impiegando veicoli blindati, tenuti a bada con l’equipaggiamento anticarro fornito ai legionari.

Il mattino del 20 maggio giunsero i rinforzi, mentre dalla Corsica un ponte aereo statunitense trasportò il necessario equipaggiamento pesante. I gruppi di insorti ancora presenti in città furono via via neutralizzati e, con il supporto di sopraggiunti paracadutisti belgi, iniziò l’evacuazione dei civili europei. La battaglia di Kolwezi terminò formalmente il 22 maggio, con un bilancio non del tutto positivo. L’FNLC subì una dura sconfitta, ma circa duecento ostaggi furono assassinati prima che la città fosse riconquistata, almeno altrettanti i civili zairesi morti negli scontri.

Le operazioni continuarono fino al 27 maggio, allargando l’area sicura attorno a Kolwezi e liberando alcuni villaggi. Altri europei furono messi in salvo, ma numerosi furono quelli rinvenuti massacrati dai ribelli. Nel susseguirsi di imboscate e piccoli scontri a fuoco caddero tre legionari, che si aggiunsero ai due morti a Kolwezi e ad un paracadutista belga. Altri 20 legionari rimasero feriti. L’intensità degli scontri calò, il 2ème REP fu chiamato ad operare in altri punti strategici del Katanga/Shaba, contribuendo a spezzare l’attività dell’FNLC. Il 7 giugno buona parte del reggimento rientrò presso le proprie basi in Corsica, sostituita da un contingente marocchino. Gli ultimi reparti lasciarono lo Zaire il 16 giugno.

L’Opération Bonite può essere considerata il banco di prova della nuova Legione post-Algeria. Ampiamente seguita sui media, la crisi degli ostaggi occidentali (sviluppatasi in un mese esatto) dimostrò l’importanza di una forza di reazione rapida che potesse agire con pochissimo preavviso per rispondere a scenari imprevedibili1. Pur se con perdite gravi, l’intervento salvò migliaia di ostaggi impedendo che subissero violenze peggiori e divenissero arma di pressione sui governi europei.
La sconfitta dell’FNLC nelle due guerre dello Shaba non ebbe invece effetti sulla distruzione del Congo/Zaire come Paese unitario e stabile. La dittatura di Mobutu durerà fino al 1997, con periodi di guerre combattute con tutti i Paesi confinanti interessati ad appropriarsi delle sue risorse minerarie, fino a far sprofondare tutta la regione nella “guerra mondiale africana” del 1998, con un numero stimato di sei milioni di morti.
Lorenzo Lena
- Sempre il 2ème REP si era in precedenza reso protagonista di operazioni in Ciad, contro l’espansionismo della Libia di Gheddafi, e a Gibuti, per liberare uno scuolabus sequestrato da criminali somali. Nel 2014 è impiegato a Timbouktou per respingere le milizie islamiste del Mali.
Fonti utilizzate
Di Nolfo E., Storia delle relazioni internazionali, Editori Laterza, Roma, 2008 (confrontare per la descritta situazione politica africana)
ForeignLegion.info, 1978 Battle of Kolwezi
Oliva G., Fra i dannati della terra, Oscar Mondadori, Milano, 2016