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Linee di tensione tra India, Cina e Pakistan

Tra i confini caldi nel mondo, i meno considerati potrebbero rivelarsi i più distruttivi. Scorrono nell’estremo nord del subcontinente indiano e sono scenario di scontri da decenni.

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La Line of Control, istituita nel 1971, separa due potenze di cui una, il Pakistan, non è in grado di controllare le lacerazioni estremiste interne. L’altra, l’India, è recentemente virata al nazionalismo autoritario. Dal 1947 hanno combattuto quattro guerre ufficiali e la reciproca disponibilità nucleare rende la situazione potenzialmente devastante. Lungo la catena himalayana passa la Line of Actual Control, confine tra Cina e India dal 1962, meno turbolento ma frapposto alle due più popolose potenze mondiali. Anche la Cina dispone del nucleare, è in fase espansiva e, per ragioni interne, non è disposta a fare concessioni.

Nel complesso, oltre 4000 chilometri (oltre alle rivendicazioni marittime) lungo cui basterebbe un incidente di troppo per scatenare un conflitto aperto.

È già successo più di una volta, sul campo di battaglia più alto al mondo.

Evoluzione storica

Tra 1947 e 1948 ci fu la prima guerra per il Kashmir, rimasto in maggior parte indiano ma da allora funestato da attacchi sponsorizzati da Islamabad. Nel 1965 il Pakistan fomentò nuovi disordini, causando cinque settimane di scontri che si risolsero in una vittoria indiana. La guerra del 1971 iniziò per l’intervento indiano nel Pakistan orientale (Bangladesh) in rivolta, e durò due settimane. Sancì la sconfitta pakistana, con l’indipendenza bengalese e l’ufficializzazione della Line of Control.

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Ultimo conflitto ufficiale tra due potenze intanto divenute nucleari fu la guerra di Kargil, nel 1999. Iniziata da forze pakistane, finì con un’altra sconfitta per Islamabad. Dagli anni Ottanta si combatte anche sul ghiacciaio Siachen, dove si subisce più il clima estremo che il nemico.

La guerra sino-indiana del 1962 fu una dura sconfitta per Delhi, che dovette cedere l’Aksai Chin. Iniziata per questioni confinarie sull’accesso all’altopiano tibetano, terminò con la cacciata dell’esercito indiano. 

Situazione economico-militare

La superiorità indiana sul Pakistan è riflesso di condizioni geografiche e militari.

Nel 2020 Delhi ha destinato alle forze armate più del 2% di un PIL ampio dieci volte quello di Islamabad, che ne impiega il 4%. La terza economia al mondo, più o meno democratica, contro la venticinquesima, con una società disgregata e divisa per fazioni. Da qui la sproporzione militare (1.4 milioni di uomini contro 650.000), a cui sommare altri fattori. L’India può concentrarsi sul Pakistan, mentre questo deve occuparsi del confine afghano, dominato da gruppi armati fuori controllo. Sul piano internazionale, la Russia è uno storico alleato indiano e gli USA puntano molto su Delhi per contenere la Cina. Il Pakistan, la cui affidabilità contro il terrorismo è illusoria, conta su minimi aiuti americani e sul sostegno cinese, funzionale a infastidire l’India ed espandere l’influenza di Pechino.

India increased nuclear arsenal in 2019, but has fewer weapons than China,  Pakistan: SIPRI report

Se un confronto convenzionale è perso in partenza, non così il sostegno a gruppi come Lashkar-e Tayyiba o al-Qaeda nel subcontinente. Il terrorismo ha innescato gli scontri del 2019, quando l’India colpì campi di addestramento dimostrando come uno scontro sia dietro l’angolo. La presa indiana sul Kashmir rimane ferrea, grazie anche alla controversa sospensione dell’autonomia voluta dal governo di Modi, ma è messa alla prova da gruppi che possono contare su un discreto sostegno popolare. Altro punto di crisi è il ghiacciaio Siachen, che non rientra in un confine riconosciuto.

Sul versante cinese i contendenti limitano le forze per scongiurare uno scontro che potrebbe avere dimensioni continentali. Questo non ha evitato gli incidenti del 2020, ma testimonia una sostanziale equivalenza tra i due rivali, oltre al loro maggiore interesse verso altre zone (Pakistan e mar cinese meridionale). La consapevolezza del potere militare cinese da un lato e il focus sull’espansione marittima dall’altro congelano un potenziale conflitto i cui punti di attrito non sono peraltro limitati al confine terrestre, ostacolato dai rilievi himalayani, ma si allargano all’oceano Indiano dove la  marina di liberazione popolare è sempre più presente, un problema inesistente nei confronti del Pakistan e che ha spinto ad un rafforzamento della forza navale indiana.

Scenario geopolitico

L’India controlla le zone più produttive del fu subcontinente britannico, mentre il Pakistan deve contenere l’instabilità afghana e le tensioni disgreganti al suo interno (si veda il Belucistan).

Ogni città pachistana è raggiungibile da un’ipotetica offensiva terrestre, mentre l’India gode di un’immensa profondità strategica. Questo conferisce grande importanza all’Afghanistan, dove Dehli cerca di isolare il rivale appoggiando il governo riconosciuto, mentre Islamabad sostiene gli insorti per avvalersene quando torneranno al potere. Entrambe queste strategie hanno avuto riflessi sull’impegno occidentale nel Paese.

Piccole Note -La Cina: alta tensione su due fronti

Lo scontro in Kashmir non è invece questione solo di orgoglio nazionale. Il fiume Indo, che vi scorre, è la più grande riserva d’acqua della regione e il confine pachistano assicura un collegamento terrestre con la Cina, essenziale per gli investimenti economici e per evitare una condizione di isolamento tra la minaccia indiana e il caos afghano. Entrambi fattori dipendenti da eventuali modifiche del confine. Va detto, infine, che se l’India ha goduto di una certa stabilità decennale sotto il Partito del Congresso, favorito da un diffuso senso nazionale (con combattivi ma isolati gruppi indipendentisti), il Pakistan è stato funestato da continui scontri per il potere e colpi di Stato, senza poter governare le varie nazionalità che lo compongono.

Con queste premesse risulta evidente come, impossibilitato a vincere uno scontro frontale con l’eterno rivale, lo Stato musulmano abbia scelto il metodo terroristico. Scelta più inquietante, nel prossimo futuro, data l’incerta sicurezza degli arsenali nucleari.

Il confine orientale pone problemi diversi ma non meno gravosi.

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La catena himalayana da accesso all’altopiano del Tibet, irrinunciabile per il governo cinese per motivi strategici prima che di immagine. Vi nascono i grandi fiumi dell’Asia (Indo, Gange, Yang-Tze, Mekong), garantendo sicurezza energetica e strumenti di pressione a chi li controlla. Si tratta di un retroterra lontano dalla costa, al sicuro in caso di conflitto navale con gli Stati Uniti. Da ultimo, permette di influenzare i confinanti Nepal e Buthan, dove operano importanti partiti comunisti. Per queste ragioni, nel 1962, Mao ha rischiato una guerra aperta con l’India pur di allontanare l’ingombrante vicino; oggi Xi Jinping vi innesca piccoli scontri per ribadire a chi appartiene quel territorio. Se il conflitto indo-pakistano è nato dalla religione e dall’odiosa separazione del 1947, quello indo-cinese è basato sulla geopolitica pura.

Il fronte marittimo è più dinamico di quello terrestre. La Cina ha inaugurato una base militare a Gibuti e porti formalmente commerciali in Sri Lanka e Pakistan. Contando l’influenza di Pechino in Myanmar, l’India è di fatto circondata da installazioni cinesi, di cui può usufruire la poderosa espansione navale del Dragone. Motivi che chiariscono gli acquisti di armi americane, l’idillio Modi-Trump e il rilancio dell’accordo Quad con USA, Australia e Giappone.

Uno scontro India-Cina è difficile da immaginare, per le dimensioni che assumerebbe. Uno scontro India-Pakistan innescato dal terrorismo, con l’interesse cinese sullo sfondo, è più verosimile. Il legame economico Delhi-Pechino non deve ingannare. La vicinanza di simili soggetti internazionali, stanti le premesse elencate, cui si aggiungono il rebus nucleare e la scheggia impazzita del secolare scontro tra islam e induismo, dipinge uno scenario di crisi che andrebbe considerato con attenzione.

Principali fonti

  • Marshall T., Le dieci mappe che spiegano il mondo, Garzanti, 2017;
  • Rampini F., Le linee rosse. Uomini, confini, imperi: le carte geografiche che raccontano il mondo in cui viviamo, Mondadori, 2017;
  • The World Factbook, CIA official site.

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