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L’Unione Europea fissa obiettivi più ambiziosi per le scorte di armamenti degli Stati membri: una accelerazione di 14 anni

Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha cercato di mettere in campo una strategia di difesa sempre più integrata, un obiettivo tutt’altro che scontato in un contesto dove le competenze militari dei singoli Stati membri sono tradizionalmente gelosamente custodite a livello nazionale. Bruxelles vorrebbe che gli Stati membri accelerassero il raggiungimento dei target sulle scorte di armamenti con un anticipo di ben sette anni.

L’Europa dovrebbe raggiungere questi obiettivi “non più tardi del 2030, invece che nel 2044, come previsto”, ha affermato Andrius Kubilius, Commissario Europeo per la Difesa, alla conferenza annuale dell’Agenzia europea per la difesa (EDA).

A fronte di un’architettura di sicurezza che è apparsa meno stabile di quanto ci si aspettasse, la Commissione Europea ha deciso di puntare su un rafforzamento tangibile della difesa.

L’aumento dei rischi alle frontiere dell’Unione e la crescente imprevedibilità di alcuni attori regionali impongono risposte rapide ed efficaci e da tempo si discute di come l’UE debba trovare una maggiore indipendenza difensiva, riducendo la dipendenza da risorse e forniture esterne. Un arsenale adeguato è il primo passo per guadagnare margine di manovra ma alcuni Paesi UE faticano a mantenere stabili le proprie scorte di armamenti, sia per motivi economici che di pianificazione.

Per rendere concreto l’obiettivo, l’UE prevede di mettere in campo vari strumenti, soprattutto finanziari e di coordinamento con il cosiddetto Fondo Europeo per la Difesa, che negli ultimi anni ha iniziato a muovere i primi passi, verrà probabilmente potenziato o comunque utilizzato in modo più incisivo. Altre azioni possono essere gli acquisti congiunti per coordinare le commesse militari tra più Paesi membri significa risparmiare e ottenere sconti o condizioni migliori dai fornitori. L’Agenzia Europea per la Difesa (EDA) ha un ruolo chiave in questo processo.

Infine la collaborazione industriale che punta a rafforzare l’industria europea della difesa, incentivandone la competitività e la capacità di innovare. Se l’UE accelera sulle scorte, infatti, le aziende che producono sistemi d’arma e munizioni potrebbero trovarsi a far fronte a ordini crescenti, con possibili vantaggi in termini di posti di lavoro e tecnologie all’avanguardia.

Da un lato, anticipare i target potrebbe aumentare il senso di sicurezza interna e rafforzare la voce europea sulla scena internazionale. Dall’altro, non mancano dubbi e criticità a partire dalla questione relativa al bilancio. Se i Paesi membri dovranno riempire più velocemente i magazzini militari, ciò significa incidere sui bilanci nazionali, magari proprio in un momento in cui la stabilità economica non è delle più solide. Alcuni Stati dell’UE potrebbero vivere questa accelerazione come un’imposizione dall’alto e l’idea di investire massicciamente in armamenti non è sempre popolare a livello domestico, specie se si devono tagliare altre voci di spesa.

L’iniziativa della Commissione Europea di accelerare di sette anni i tempi di riempimento degli arsenali è un segnale chiaro: l’UE vuole un ruolo più incisivo in materia di difesa. In prospettiva, ciò potrebbe portare a un ulteriore passo verso l’integrazione militare, magari sbloccando idee come la tanto discussa “Difesa Comune Europea”, che per ora ha trovato limitati sviluppi concreti.

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