Il 6 gennaio scorso a Riad si è tenuto un incontro tra alcuni Ministri degli Esteri dei Paesi del Corno d’Africa e che si affacciano su Mar Rosso. Tale meeting è stato organizzato da Salman bin ʿAbd al-ʿAzīz Āl Saʿūd Re dell’Arabia Saudita. La mossa saudita è stata tesa a costituire il Consiglio degli Stati Arabi e Africani del Mar Rosso e dell Golfo di Aden.
Il Consiglio attualmente formato da Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Eritrea, Yemen, Sudan, Gibuti e Somalia intende aumentare la cooperazione con l’obiettivo di combattere la pirateria, il contrabbando ed altre minacce nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden.
Gli otto Paesi si sono impegnati a rafforzare la cooperazione politica, economica, culturale, ambientale e di sicurezza.
L’incontro guidato da Riyad arriva dopo che l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) l’anno scorso ha proposto una soluzione simile per il Mar Rosso ed il Golfo di Aden. In tale Igad Paesi come Sudan, Somalia e Gibuti sono membri attivi mentre l’Eritrea, pur essendone un membro fondatore, non partecipa ai lavori.
La mossa saudita va letta come un serio tentativo di Riad di bloccare la crescente influenza turca-qatariota nell’area. Infatti, Ankara ha stretto importanti rapporti commerciali con il Sudan e mira ad ottenere il controllo di alcune isole nel cuore del Mar Rosso per piazzare una sua base navale; ovviamente, tale disegno è fortemente osteggiato dall’Egitto il quale,oltre ad agire per vie diplomatiche, per bloccare l’asse turco-sudanese, ha risposto con la creazione di tre basi ed approdi navali lungo le coste del Mar Rosso.
Ma Ankara non si è soffermata solo sul Sudan ed è entrata pesantemente in Somalia, con un programma di aiuti economici, ottenendo la possibilità di creare un’importante base nell’ex colonia italiana. La presenza turca non è, peraltro, ben tollerata da alcune fazioni somale le quali più volte hanno preso di mira l’installazione ed il personale turco ivi dislocato.
Anche Doha si è ritagliata la sua importante “fetta” di sfera di influenza, entrando a Gibuti, con un contingente di forze di interposizione tra la piccola ma strategicamente fondamentale nazione africana e l’Eritrea. A seguito del contingente è entrata anche la finanza qatariota che ha investito nelle installazioni portuali di Gibuti entrando poi in “conflitto” con l’altro grande finanziatore dell’impresa, il Fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti. Da notare che Gibuti ha revocato le concessioni agli EAU, aprendo una vertenza commerciale internazionale.
I Sauditi hanno interesse ad ottenere una sorta di controllo dell’area anche al fine di “normalizzare” la questione yemenita in cui si sono impelagati in una lunga e cruda guerra. Non è un mistero che nello Yemen si scontrano gli interessi sauditi ed emiratini contro quelli iraniani e qatarioti.
L’aver “imbarcato” nel Consiglio anche la Somalia significa che Riad ha tutto l’interesse a stabilizzare quel lembo di Corno d’Africa, sconvolto da una guerra civile ultra trentennale e nella quale si sono inserite le fazioni islamiste che si richiamano all’ISIS. Infatti, l’instabilità somala si riflette negativamente sull’area yemenita con traffici di ogni tipo tra le due sponde.