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Mosca ordina il ritiro da Kherson

La guerra in corso tra Russia ed Ucraina ha avuto forse una svolta con l’ordine impartito da Mosca alle sue truppe di abbandonare la città occupata di Kherson, da mesi obiettivo della strategia di riconquista intrapresa con successo da Kiev dalla fine del mese di agosto scorso.

L’improvvisa ma non inaspettata accelerazione (infatti, da almeno una decina di giorni vi erano diversi indizi che portavano a prevedere la decisione di ritiro) impressa da Mosca porta a presumere che siamo alle porte di una possibile apertura delle trattative per concludere la sanguinosa guerra in atto da ormai da quasi nove mesi.

L’ordine di ritiro è stato dato di comune accordo dal Ministro della Difesa Sergei Shoigu di concerto con il comandante in capo generale Sergei Suroviki.

La mossa è stata evidentemente ponderata dai massimi vertici militari per le pesantissime implicazioni correlate nei rapporti (sempre più critici) con il Cremlino che, con buona approssimazione, nei suoi calcoli e previsioni non avrebbe immaginato di dover affrontare una simile situazione, dato l’altissimo valore simbolico dell’abbandono della città di Kherson, una delle principali città dell’Ucraina conquistate nei primi mesi dell’invasione.

Ufficialmente, il ritiro è stato giustificato per l’impossibilità pratica per le truppe russe di difendere anche la sponda occidentale del fiume Dnipro, dove sorge la città di Kherson.

Nel corso della violenta controffensiva ucraina scatenata alla fine del mese di agosto, buona parte della regione di Kharkhiv è stata riconquistata così come sono state liberate aree sempre più ampie delle regioni di Luhansk e Donetsk, mettendo sotto pressione il dispositivo militare di Mosca.

La crisi vera per le truppe di Mosca si è avuta probabilmente con la distruzione o inabilitazione all’uso di tre ponti principali sul fiume Dnipro da parte delle forze ucraine che, di fatto, ha impedito o comunque rende estremamente difficoltoso la difesa della sponda occidentale e della città di Kherson.

I vertici militari russi si sono affrettati a dire che si tratta solo di un riposizionamento funzionale alla migliore difesa della sponda orientale del fiume Dnipro e delle regioni ancora sotto il controllo russo.

La realtà del campo di battaglia vede i Russi sempre più in difficoltà e nemmeno la decisione di richiamare trencentomila riservisti, inviati subito al fronte con preparazione minima o nulla al fronte, pare aver invertito gli esiti di questa guerra.

Anzi, il tasso altissimo di perdite subite dai riservisti che si scontra con un esercito ormai rodato da quasi nove mesi di durissimi scontri ed i rapporti sempre più critici tra le truppe regolari, la Wagner e le milizie inviate da alcune Repubbliche fedeli a Mosca, preoccupano sempre di più i vertici militari e della sicurezza interna.

Ovviamente, Washington segue con attenzione la situazione e sta premendo su Kiev per aprire a possibili colloqui con Mosca, la quale del resto ha già dichiarato di essere pronta ad aprire trattative.

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