Disclaimer: quanto scritto sotto non rispecchia l’opinione dell’Associazione ARES ma esclusivamente la personale opinione dell’autore
Sarraj firma, Sarraj non firma. Haftar firma a Mosca, Haftar non firma. Siamo alleati con Sarraj ma parliamo con Haftar e ci becchiamo gli strali di Sarraj che è alleato anche di Erdogan che è nostro rivale per Eastmed ed in Libia è contro Putin che è il suo alleato per la Siria ma fino a un certo punto…
Aiuto! Ma che sta succedendo? Sembra come se uno sceneggiatore di telenovelas avesse preso il controllo dell’intero quadro geopolitico mediterraneo, per la disperazione dei vari commentatori che, uno dopo l’altro, stanno gettando la spugna. Dotte disquisizioni basate su solide basi politiche si sgretolano come neve al sole di fronte alla realtà dei fatti e carriere consolidate non reggono di fronte ai continui ribaltamenti di fronte.
Vorremmo dare qui non un’interpretazione di quanto sta succedendo – altri enormemente più titolati di noi ci stanno provando, peraltro, senza molto successo – ma una breve guida per fornire qualche strumento interpretativo in più per provare a capire qualcosa dell’intricata vicenda libica.
Un primo step: noi stiamo parlando di una guerra, ma non di una “tranquilla” guerra con parti ben definite, fronti e zone di combattimento chiaramente contornate e delineate. Nel bene o nel male, siamo cresciuti con la tranquillizzante convinzione che la guerra ci sia o non ci sia. Questo è purtroppo un ideale che, seppur raggiunto molte volte negli ultimi secoli, mal si adatta ad una situazione come quella che si è delineata nel Mediterraneo negli ultimi anni. In Libia, in particolare, è nata, cresciuta e solidificata una di quelle classiche situazioni di totale anarchia nella quale due “coalizioni”, tenute assieme da interessi multipli, si fronteggiano debolmente. Il controllo dei contendenti sui loro territori e sui loro alleati è minimo e spesso arrivano notizie di cambi di bandiera e di questa o quella “divisione”. Pertanto, diventa complesso se non improbo capire chi sta combattendo con chi e molte situazioni, tipo quella del Fezzan, non sono riconducibili a precise appartenenze.
Per noi che siamo cresciuti giocando a Risiko è un incubo, i carrarmatini e territori cambiano colore continuamente.
Però, i nostri mass-media – per una volta non solo in Italia – hanno tentato di illustrarci la situazione con confortanti cartine colorate che rappresentavano i “territori” dei due duellanti. Ma il più delle volte riescono solo ad aumentare la confusione. Tutti noi cerchiamo di ragionare su questi dati. Potenza della tecnologia: esistono addirittura dei siti web dove poter seguire l’evoluzione della guerra in tempo reale (ad esempio https://libya.liveuamap.com/).
Peccato che tutto questo sia ingannevole e conduca proprio a quelle analisi completamente sballate che oramai sono la norma. Proviamo, quindi, ad individuare alcune categorie interpretative che ci aiutino a districare questa matassa apparentemente inestricabile.
1) La Libia come nazione non esiste più e, molto probabilmente, non esisterà più per molti altri anni. Al suo posto c’è un coacervo di tribù (né più e né meno della situazione precedente al 1911), bande armate, aziende private, Paesi stranieri, Potenze o pseudo tale, organizzazioni più o meno jihadiste e chi più ne ha più ne metta che si contendono il controllo delle risorse e della popolazione.
2) Per quanto la situazione possa sembrare assurda, incredibilmente tutto questo ha dato vita ad una funzionale, efficiente e prospera economia (https://www.iai.it/sites/default/files/iaip1917.pdf). La pace e la riunificazione del paese, che a noi sembrano essere l’aspirazione a cui dovrebbero tendere i libici, sono temuti come la peste da chi in questa economia ci sguazza e prospera. Probabilmente, sono tantissimi i libici che si giovano di questa situazione, più di quanto i mass-media vogliano far intendere.
3) I due contendenti Haftar e Sarraj, in realtà, hanno pochissimo controllo sulle forze nominalmente sotto l’una o l’altra bandiera; infatti, queste bande, quasi sempre, agiscono per loro interesse, seguendo i loro piani piuttosto che delle direttive esclusive. Esse agiscono, più che altro, come una sorta di broker internazionali delle rispettive coalizioni, occupandosi di battere cassa presso i rispettivi sponsor e ridistribuire le risorse agli alleati.
4) La situazione che tutti gli innumerevoli contendenti libici temono come la peste è una pace (anche imposta con la forza) che ponesse fine a quest’economia di guerra con magari – Allah ci protegga! – una forza internazionale a protezione dell’accordo. Sarebbe la fine per tutti i loro traffici e dei loro loschi guadagni.
5) Chi guida il gioco, in questa “guerra”, sono i Libici. E la guidano sulla base dei punti stabiliti prima. Sono loro che stanno dettando il tempo delle azioni, il tono, finanche le rispettive alleanze, tentando di tirare per la giacchetta i vari sponsor a compiere azioni, impegnarsi, mandare rifornimenti e/o denaro (l’unica cosa che gli interessi realmente). Per quanto possa sembrare folle un generale fallito (https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_delle_Toyota) e un architetto da due soldi stanno tenendo in scacco metà dei governi della Terra, compresi Russi, Turchi, l’UE e mezzo Golfo Persico.
6) Le notizie, le informazioni, i tweet, i video ecc. che arrivano sull’argomento sono parte fondamentale della “guerra” che viene combattuta. Come tali vanno prese sempre cum grano salis.
Tutto questo ci fa capire come mai moltissime cose dette sulla Libia dalla nostra informazione siano da prendere con le pinze: non siamo noi (o i nostri “rivali” francesi, turchi, russi ecc.) a muovere come pedine i Libici su uno scacchiere lontano, ma l’esatto opposto. E ci muovono con levantina consapevolezza che aumentare la confusione e aizzare le nostre rivalità non fa che aumentare i loro profitti, senza che lo scopo che noi ci proponiamo – stabilità e sicurezza anche sulla “quarta sponda” – si avvicini, ma anzi avendo tutto l’interesse che si allontani il più possibile. Ancora una volta, come insegna Carl Von Clausewitz, la guerra si dimostra un atto politico e, solo interpretandolo come tale, riusciamo ad avere quel minimo di chiarezza che ci permette di districarci in questo coacervo di notizie contradditorie.
Welcome to 2020.
C’accordo su quasi tutto, con solo una chiosa: le due ‘fazioni principali’, ovvero Sarraj e Haftar, sono in lotta fra loro anche e soprattutto per la ‘torta grossa’, leggasi: i proventi delle royalties del petrolio, che ad oggi sono gestiti da Sarray, e i movimenti (….) della Banca Centrale Libica, che oramai opera più da Malta che da Bengasi (anche se li ha la sede). Oltre a questo, come giustamente scritto sopra, ci stanno i ‘piccoli\grossi affari’ (traffico di armi, di oro, di petrolio illegale, di esseri umani, ecc ecc) che sono appannaggio di tribu, di bande, di personaggi e avventurieri vari, oltre che di elementi delle due principali organizzazioni di cui sopra. In più, ci sono gli interessi delle nazioni occidentali e non, presenti ognuno con u suoi scopi: i paesi del Golfo e l’Egitto per dare la mazzata ai Fratelli Musulmani, altri per motivi economici, altri per aumentare la sfera di influenza…. Insomma, un verminaio esagerato, che chiunque parli di itervento ‘sul campo’, senza ovviamente sapere di che parla, dovrebbe avere ben presente, per non ritrovarsi in una Somalia al cubo, da cui non si saprebbe come uscire.
Sì, è proprio questo che intendo quando li definisco “broker internazionali”.