L’esercito venezuelano è impegnato in violenti scontri con gruppi di insorgenti ai confini con la Colombia. Dopo i primi quattro caduti, la scorsa settimana il Ministero della Difesa di Caracas ha comunicato che altri otto militari sono caduti nel corso di operazioni in corso contro “gruppi armati di ribelli colombiani“.
Tra Caracas e Bogotà i rapporti sono praticamente inesistenti, con la prima che considera una minaccia, essendo la Colombia un alleato degli Stati Uniti. Peraltro, anche la Colombia non gradisce Maduro ed il suo governo che ha portato il Venezuela alla povertà e ad un’instabilità interna pericolosa che si riverbera sugli stati confinanti, costretti a far fronte ad ingenti aiuti alimentari e farmaceutici a favore della popolazione venezuelana ed alle masse di disperati che si riversano ai confini. Peraltro, la questione degli aiuti ha causato più di un problema, con Caracas che, più di una volta, ha chiuso le frontiere considerandola un’ingerenza illegittima in questioni interne.
I cosiddetti “gruppi armati di ribelli colombiani” dovrebbero essere nuclei già appartenenti alle FARC, o Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, che per decenni hanno sostenuto una dura lotta armata contro il Governo centrale di Bogotà.
Peraltro, in tempi recenti i rappresentanti politici-militari delle FARC avevano trovato l’accordo con il Governo di Bogotà per cessare la violenta guerriglia. L’accordo ha sostanzialmente tenuto e solo poche frange oltranziste non hanno smobilitato, continuando le azioni, anche mescolandosi alle organizzazione dei narco trafficanti.
Il Governo di Maduro teme che i gruppi armati colombiani abbiano siglato una sorta d’alleanza con gli oppositori venezuelani e, pertanto, accusa apertamente Bogotà di connivenza e/o di alimentare questa situazione.