Martedì scorso si è avuta una svolta nei travagliati rapporti tra i Paesi della Penisola Araba in occasione del vertice di Al-Ula in Arabia Saudita.
Arabia Saudita con Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto hanno “appianato” le controversie con il Qatar, ripristinando le normali relazioni diplomatiche e levando l’embargo imposto a Doha oltre tre anni fa.
Conseguenza immediata è stato il ritorno del normale traffico aereo da e per il Qatar e la riapertura dei varchi doganali di Abu Sambra, nonché il volo di una delegazione commerciale qatariota in Egitto per inaugurare l’apertura di un prestigioso hotel nella capitale egiziana.
La “pace” è stata formalmente siglata dal caloroso abbraccio tra il Primo Ministro e Ministro della Difesa Principe Mohamed bin Salman bin Abdulaziz al-Saud (designato erede al trono saudita) e l’Emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani sovrano del Qatar.
I leader del Consiglio di Cooperazione del Golfo a sei nazioni (GCC) hanno siglato martedì due documenti, la Dichiarazione di Al-Ula e un comunicato finale, descritto dal principe Mohamed come affermante la solidarietà e stabilità nel Golfo, araba e islamica, richiamano l’unità di intenti per affrontare le sfide che la regione deve affrontare.
Il ruolo degli Stati Uniti
Importantissimo è stato il lavoro diplomatico dell’Amministrazione Trump che ha lavorato pesantemente per appianare le divergenze tra i suoi alleati arabi. Oltre il Dipartimento di Stato presieduto dal Segretario Mike Pompeo, da segnalare l’apporto notevole di Jared Kushner, genero e consigliere senior del Presidente uscente Trump, che si è speso personalmente tra i vari Paesi arabi per giungere all’accordo.
La pace ritrovata tra i Paesi arabi del Golfo è stata immediatamente salutata con entusiasmo in tutta la Penisola Araba e nel mondo arabo in generale.
Questa ritrovata unità di intenti tra Ryad, Abu Dhabi, Manama, Il Cairo e Doha segue le svolte delle relazioni tra Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Israele che hanno normalizzato i rapporti, stabilendo relazioni diplomatiche e commerciali. Questa svolta è stata seguita dagli accordi tra Rabat e Tel Aviv, nonché quelli tra Sudan ed Israele in Africa.
La crisi dello Yemen e l’embargo
I rapporti tra l’Arabia Saudita con i suoi alleati ed il Qatar erano precipitati a causa della crisi in Yemen, dove dal 2015 è in atto una devastante guerra civile con pesantissime conseguenze sulla popolazione civile, con le Monarchie arabe che appoggiano direttamente ed indirettamente le fazioni in lotta.
In questo quadro si è aggiunta la presenza nell’area del Iran, nemico storico dell’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto (salvo la parentesi del ex Presidente Morsi che aveva stipulato un’alleanza strategica tra Il Cairo e Teheran subito denunciata e rigettata dal Presidente al-Sissi) ma partner primario commerciale del Qatar con il quale gestisce gli enormi giacimenti di gas nell’area del Golfo Persico.
La situazione era letteralmente precipitata con la sigillatura dei confini terrestri, imposizione di un embargo aereo e la completa sospensione dalle attività comuni del GCC delle delegazioni qatariote. A Doha, dopo un primo periodo in cui si temeva pure lo scatenarsi di un conflitto, si sono rapidamente organizzati e, nonostante gli inevitabili problemi, si è continuato a perseguire i propri obiettivi.
A questo punto, con la normalizzazione dei rapporti è auspicabile che la crisi yemenita trovi il punto di svolta; molto, se non tutto, dipenderà dal perdurare o meno della presenza iraniana assolutamente indesiderata da parte di Ryad per l’appoggio diretto ed indiretto assicurato da Teheran agli Huthi. Bisognerà capire quale atteggiamento assumerà Doha in questa nuova situazione, considerati gli enormi interessi economici in gioco con Teheran.
Infatti, il Qatar ha ufficialmente confermato che non cambierà i suoi rapporti con l’Iran e con la Turchia, altro terreno di scontro con l’Arabia Saudita e, soprattutto, l’Egitto grande alleato di Ryad, con il quale Ankara ha in corso una vera e propria gara a divenire una Potenza regionale nel Est del Mediterraneo, in Libia e nel Mar Rosso.
I Paesi del GCC hanno sempre malvisto gli accordi bilaterali tra Doha ed Ankara in base ai quali quest’ultima ha creato un imponente base nel Emirato piazzandovi migliaia di uomini e mezzi, a difesa del Qatar. Da parte sua Doha, oltre generose forniture di gas e di investimenti nella traballante economia turca, sostiene attivamente Ankara nelle sue avventure militari, in primis in Libia, terreno di scontro tra Potenze, con l’Egitto e gli EAU che sostengono attivamente la Cirenaica e le forze del maresciallo Haftar.
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