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Un C-130 anfibio? Una lunga storia…

Il C-130 Hercules è stato oggetto di numerosissimi lavori per sviluppare versioni più o meno specializzate a partire dell’AC-130 per il supporto delle truppe fino all’HC-130 per acquisire dati sugli uragani.

In questo ampio spettro sono nate versioni come l’MC-130 per fornire alle forze speciali dell’AFSOC (United States Force Special Operations Command) una valida piattaforma per l’infiltrazione.

Capacità di decollo e atterraggio in spazi brevi, rifornimento di aerei ed elicotteri, versatilità e affidabilità sono solo alcune delle doti positive dell’Hercules.

L’idea di rendere anfibio il C-130 non è nuova ed i primi studi risalgono addirittura tra gli anni 60′ e 70′ dello scorso secolo.

Il C-130 come un aliscafo

I primi ad essere interessati furono proprio gli ingegneri della Lockheed Corporation con l’HOW (Hercules Over Water) verso il 1968.

I punti fermi del progetto erano partire da un C-130 “standard” mantenendo tutti i sistemi già presenti a bordo.

Le modifiche avrebbe riguardato l’aggiunta un hydrofoil, una “falsa” fusoliera, galleggianti posti all’estremità alare (contenenti 1.515 litri di carburante) e l’installazione dei motori sulla parte superiore dell’ala come il P-3 Electra.

Per migliorare la stabilità del velivolo era prevista l’installazione di un timone di coda più grande, comandi di volo potenziati, sistema di controllo della stabilità ed altre piccole modifiche.

La nuova “carena”, per contenere il peso, era fatta di fibra di vetro e plastica rinforzata.

C-130 HOW con hydrofoil esteso (Fonte: G. Verver – Tutti i diritti riservati)

Il peso aggiuntivo di tutte le modifiche era stato quantificato in circa 3.175 kg.

La presenza dell’hydrofoil era fondamentale per il decollo dato che permetteva di sollevare la parte inferiore del velivolo dall’acqua riducendo l’attrito con l’acqua decollando in soli 783 metri in giornate calde (533 metri in giornate fredde) e in un chilometro anche con un motore non funzionante. La distanza di atterraggio, con un peso di 57,15 tonnellate, era di 481 metri.

Il modello in scala 1/6 durante le prove sul Lago Lanier, Stato della Georgia (Foto: LM)

La proposta aveva ricevuto un iniziale interessamento da parte dell’U.S. Navy e venne costruito un modello in scala 1/3 per raccogliere i dati sulle prestazioni.

I test mostrarono che capacità di carico e autonomia erano ridotti del 30% a causa dell’aumento di peso e dell’attrito maggiore delle nuove appendici.

In questo caso il C-130 avrebbe mantenuto la capacità di atterrare su terra dato che non c’erano grossi galleggianti bensì il velivolo sfruttava delle “ali immerse” similmente a quello che fanno gli aliscafi.

Sistema di retrazione dell’hydrofoil

Una volta decollato gli hydrofoil rientravano nella fusoliera permettendo l’estensione del carrello tradizionale per l’atterraggio su pista.

La Lockheed Martin pensò anche a come impiegare operativamente il C-130 HOW per missioni di rifornimento di unità navali in alto mare, sminamento, antincendio o più semplicemente cargo.

Per il rifornimento in alto mare il C-130, mentre volava a 60 nodi con l’hydrofoil in acqua, avrebbe rilasciato dalla rampa delle speciali piattaforme galleggianti (sviluppate dalla Pennwalt) con sopra il carico dotate di una piccola ancora e un segnalatore per la posizione. Le navi, dopo aver steso una corda in acqua, avrebbero agganciato le piattaforme per poi issare il carico a bordo tramite gru.

Similarmente per l’antincendio, il C-130 poteva volare a 80 nodi sopra il pelo dell’acqua per caricare 4.000 galloni in appena un minuto di tempo.

Per le operazioni notturne o a bassa visibilità la Lockheed propose l’installazione di un radar della Texas Instrument con cui, tramite riflettori di metallo posti in acqua, rilevare la “pista”.

Il progetto non decollò mai per una serie di motivi tra cui il mancato interesse dell’U.S. Navy a proseguire lo sviluppo. Inoltre stavano sempre più prendendo piede i programmi per aerei da trasporto a decollo verticale e sul bilancio della Lockheed pesavano i programmi L-1011 (C-130 civile) e del C-5A.

Nel 1972 il C-130 HOW venne proposto al mercato civile con la proposta di fare la tratta Boston-New York con una capacità di 70 passeggeri oppure 100 con la fusoliera allungata dell’L-100-30.

I costi per il finanziamento del programma ammontavano complessivamente a 30 milioni di dollari mentre i due protitpi 5,6 milioni ciascuno.

Senza il reale interesse delle parti coinvolte per l’Hercules Over Water era ormai giunto il capolinea.

Il C-130 con gli “scarponi”

Finita qui? No ma bisogna fare un salto nel tempo fino al 1996 quando la Lockheed Martin ripropose nuovamente un C-130 in grado di atterrare in acqua.

Questa volta l’approccio è decisamente più classico con due grossi “scarponi” montati sotto la fusoliera, una sorta di catamarano con le ali.

Questa soluzione permette di “limitare” i lavori all’installazione ai due grossi galleggianti senza modifiche ad altre parti del velivolo.

Secondo gli studi preliminari, un C-130J con i galleggianti può trasportare 12,24 tonnellate di carico a 1.852 chilometri rispetto ai 3.148 chilometri della versione “normale”.

Il ritorno del C-130 “aquatico”

Il USSOCOM,prendendo un po’ tutti, ha riproposto la versione del C-130 “idrovolante” per il suo piano di sviluppo 2022-2025.

L’MC-130 Amphibious Capability (MAC) dovrà avere capacità di atterrare sia su terra che su mare durante la stessa missione.

I lavori, per ora relativi alla sola parte concettuale, sono già in corso con l’industria per valutare la fattibilità e l’operatività del velivolo.

Lo sviluppo potrà sfruttare le nuove tecniche della progettazione digitale.

Altre proposte

XC-8A

Tra le possibili proposte per un C-130 anfibio c’è l’installazione di un Air-Cushion come sviluppato per l’XC-8A.

C-130J con un Air-Cushion (Fonte: Tigerfish Aviation)

La Tigerfish Aviation australiana aveva pubblicato alcuni disegni di come sarebbe potuto essere il C-130 con questo particolare sistema.

Immagini: Web, SecretProjectUK, Nobarrelrolls

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