L’emergenza Covid-19 ha riportato in auge l’utilizzo delle “navi ospedale”. Queste navi bianche dotate di grandi croci rosse, destinate ad una loro facile identificazione dal punto di vista ottico sembravano destinate ad una veloce obsolescenza. Solo gli Stati Uniti dispongono di due navi finalizzate a questo utilizzo. Oggetto di critiche feroci le due USNS Mercy e Confort sono tornate in prima linea rispettivamente a Los Angeles e a New York, quest’ultima pesantemente colpita dalla pandemia di Covid-19.
L’ultimo impiego in contesto bellico al di fuori delle operazione belliche degli Stati Uniti di queste “balene bianche” risale alla guerra delle Falkland dove si convertì allo scopo la nave da crociera Queen Elisabeth.
I fautori della obsolescenza di questo tipo di navigilio si sono fatti forti delle sempre migliori dotazioni delle navi di tipo flat top, ossia portaerei, portaelicotteri, navi da assalto anfibio e di quanto disponibile sulle navi posto comando o sulle rifornitrici di squadra, sempre più scafi multifunzione. Si tratta di una visione limitata che subisce l’ influenza delle missioni internazionale di tipo “peace keeping” o “disaster relief” in cui l’ ospedale galleggiante fornisce una quota parte di un sistema le cui risorse sono rese disponibili da più soggetti. Inoltre, le capacità di proiezione strategica che aerei della classe del C17 garantiscono a livello globale hanno convinto che gli ospedali da campo dispiegati per via aerea avrebbero potuto supplire ai compiti delle Mercy e Confort.
Dal punto di vista della “Catena del Soccorso” si prevede che gli Ospedali da Campo siano delle vere e proprie strutture sanitarie che si inseriscono fra i Punti Medici Avanzati, ossia dove di effettua una prima stabilizzazione del paziente nei parametri vitali, e l’architettura dei grandi ospedali del Paese. A questi, in Italia, recentemente, si sono aggiunti anche i PASS, ossia i Posti di Assistenza Socio Sanitaria ossia delle strutture, solitamente campali, capaci di fornire tutti quei servizi ospedalieri od ambulatoriali, normalmente assicurati dalla medicina di prossimità, tipicamente, il medico di base ed i servizi di psicologia dell’emergenza. La Nave Ospedale per le sue caratteristiche intrinseche potrà svolgere sia il ruolo di Ospedale da Campo che quello di PASS, oltre garantire i servizi di medicina d’urgenza per i feriti al fronte o della popolazione.
La pandemia Covid-19 pone sfide ben diverse che non la semplice moltiplicazione dei posti letto o la cura di politraumi. Innanzitutto, bisogna sottolineare che il 75% della popolazione mondiale vive in una fascia di 300 km dalla costa. In più una nave militare dispone di una maggiore flessibilità operativa rispetto a navi da crociera riadattate a dormitorio per feriti.
Per cui, senza voler togliere a navi come il Trieste o l’Izumo, e la loro vocazione di “disaster relief” possiamo, già adesso, valutare quali possano essere le lezioni che Covid-19 potrà dare alle future classi di navi ospedale.
Possibili requisiti
1) Sostenibilità economica. Mentre tutti sono disposti a spendere 800 milioni di euro per una fregata di ultima generazione, sarà sempre più difficile trovare vertici di Marine che vogliano investire somme analoghe sulle navi bianche. Alta tecnologia sì, standard militari sì ma senza esagerare. Possiamo ipotizzare, nei contesti ad alta intensità, la presenza di una scorta armata ma non dobbiamo dimenticare la minaccia asimmetrica. Soggetti non statuali come ISIS od AlQueda potrebbero inquadrare le Navi Ospedale andando contro alle varie convenzioni belliche internazionali.
2) Massima automazione. Proprio per quanto detto al punto 1, oltre che per una necessità di approntamento in tempo prossimo allo zero, dovrà essere una classe con pochissimo personale a bordo. Passerà la maggior parte del tempo in porto e non ha senso dover impiegare più gente di quanto non sia strettamente necessaria.
3) Dotazione aeronautiche. Senza dotarla di un hangar, e quindi con una lievitazione dei costi, è sufficiente una elisuperficie compatibile con elicotteri medi e droni. Il problema delle navi da crociera è proprio la complessità del trasbordo di materiali e/o il recupero di personale ferito o malato. Questa superficie permetterebbe anche, sempre rimanendo in ambito Covid-19, l’ evacuazione di personale in barella in condizioni di bio-contenimento.
4) Impianti speciali anti-covid. Urine e feci sono serbatoio virale molto più a lungo delle mucose oro-faringee.Serve quindi un impianto di smaltimento delle acque reflue analogo a quelle trattate come rifiuto ospedaliero e/o speciale. Non sempre, sopratutto in una situazione post disaster, sono disponibili infrastrutture a terra capaci di attuare queste azioni nella corretta cornice di sicurezza. Da capire anche il ruolo degli impianti di aerazione, e dei relativi filtri, nella diffusione delle malattie virali e batteriche.
5) Capacità RoRo. Poter movimentare in banchina uomini, container e mezzi. Distribuire potenza elettrica e luce. Poter installare dei check points, Punti Medici Avanzati ed altri servizi. Questo per alleggerire la nazione ospitante dal dover garantire queste forniture ad assetti a terra od in porto.
6) Progettazione modulare degli interni. La portaerei francese Charles de Gaulle ha dovuto isolare una quota parte del suo equipaggio, con scarsi risultati, nella sezione prodiera dei propri locali di servizio. Queste 127 persone isolate non hanno impedito al Covid19 di colpire il 50% del’ equipaggio. Serve, pertanto, ipotizzare una “cittadella” NBCR ed una riconfigurazione degli spazi interni con criteri di lotta al coronavirus e simili, con ambienti pressurizzati, doppi ingressi etc etc. Si potrebbe mutuare i concetti delle navi da crociera o delle classi Neko od LCS con i loro impianti modulari di rapida installazione.
7) TLC allo stato del’ arte. Già adesso la telemedicina è molto utilizzata in ambito militare. Gli ospedali da campo delle forze armate in Italia sono tutte dotate di connessione SAT mentre nave Cavour ha attivato un protocollo attivo con l’Università di Pisa in tal senso. Le nuove navi ospedale dovranno disporre di molta banda oltre che di tutti i sistemi di comunicazione disponibile sia in campo civile che militare. Basta pensare alle necessità dei pazienti civili in punto di morte che chiedono di poter vedere per l’ ultima volta in parenti che le continue teleconferenze sia civili che militari che Covid-19 sta richiedendo ad ogni livello. Si potrebbe anche ipotizzare una rete interna in tecnologie LTE e 5G. Tutto questo, ovviamente, in un contesto di massimo sicurezza informatica e di condivisione di archivi e privacy.
8) Caratteristiche nautiche. Dovendo muoversi sia assieme ad una task force operativa che presso il maggior numero di porti nel mondo la futura nave ospedale dovrà disporre di una velocità di punta più elevata di una omologa civile. Basso pescaggio, in modo da potersi collocare nel maggior numero di baie, ed alta mobilità farebbero optare per una propulsione tutta elettrica sul modello delle navi da crociera o della Juan Carlos I spagnola.
9) Adeguati livelli di confort. Le portaerei ed i sottomarini, con i loro spazi angusti e la convivenza forzata dei marinai, sono stati un volano naturale dell’infezione. Serviranno quindi, locali di servizio sostanzialmente personali od al massimo su base di squadra, con un massimo di 4 persone. Nel caso che uno dei membri del team risulti positivo sarà sufficiente mettere questo in quarantena per limitare l’ esplosione di un focolaio a bordo. Le soste in porto sono pericolosissime vie di ingresso dell’infezione, pertanto dovranno essere ridotte idealmente a zero o ridotte al minimo indispensabile.
Conclusioni
A quanto detto nei vari punti sopra esposti la nave ospedale post-covid dovrà anche essere disegnata in modo diverso dal normale naviglio militare. Basti pensare ad una ratio costruttiva capace di permettere una più semplice, se non continua. sanificazione del’ interno della nave, magari senza dover interrompere l’ assistenza ai pazienti. Altre ipotesi sono lo studio di una compatibilità nel rapporto fra spazi pensati per l’essere umano, come quelli di un vascello, con i robot e l’intelligenza artificiale. sempre più presenti nella lotta al Covid.